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Scheda critica del film:

  

L'ora più buia

(Darkest hour)

Il regista
Nato a Londra nel 1972, Joe Wright si è laureato in cinema e belle arti nella capitale britannica nel 1997, e in quello stesso anno ha realizzato il suo primo cortometraggio, Crocodile Snap. Negli anni immediatamente successivi ha collaborato con la BBC e nel 2005 ha esordito nel lungometraggio con Orgoglio e pregiudizio, ottenendo un successo di pubblico e critica. Analoghi apprezzamenti ha ricevuto con il film Espiazione (2007), che ha avuto diverse nomination all’Oscar ed è stato premiato per la miglior colonna sonora. Ha quindi diretto il biopic musicale Il solista (2009), il thriller Hanna (2011) e il letterario Anna Karenina (2012), incappando nel primo insuccesso con Pan. L’isola che non c’è (2015). Dopo L’ora più buia (2017), vincitore di numerosi premi tra cui l’Oscar per la miglior interpretazione maschile a Gary Oldman, ha lavorato a The Woman in the Window, che uscirà nel 2019.

L’attore protagonista
Gary Oldman è nato a Londra nel 1958. Affascinato dalla recitazione, ha iniziato giovanissimo la carriera di attore teatrale, ottenendo nel contempo anche qualche piccola parte in film televisivi. Al cinema è approdato nel 1986 impersonando Sid Vicious, bassista dei Sex Pistols, nel film Sid & Nancy. Nel giro di pochi anni è diventato uno dei volti più noti del nuovo cinema britannico, mentre la consacrazione internazionale è avvenuta con Rosencrantz e Guildenstern sono morti (1990) di Tom Stoppard. Tra i numerosissimi personaggi interpretati nel corso del tempo quello di Sirius Black in vari capitoli della saga di Harry Potter è stato sicuramente il più popolare, così come ha contribuito alla sua notorietà la partecipazione alla serie televisiva Friends. Nel 2012 ha ottenuto la prima nomination all’Oscar per il film La talpa di Tomas Alfredson, ma è proprio con L’ora più buia che è stato premiato da Hollywood nel 2018. Nel 1997 si è inoltre cimentato con sceneggiatura e regia con il film Niente per bocca, non conseguendo però risultati particolarmente significativi.

Wright sul film
D.: . Mr. Wright, perché proprio un film su Churchill?
R.: Perché è una figura straordinaria, con un’energia contagiosa, una velocità di pensiero e di azione impressionante, e anche se ha commesso alcuni errori, ha avuto idee e preso decisioni geniali che hanno cambiato la Storia. Caratteristiche che lo hanno poi portato alla depressione avanti negli anni, perché sono venute a mancare.
D.: Dev’essere stata una grossa responsabilità portare sullo schermo un’icona simile...
R.: È una domanda che mi hanno fatto anche per Orgoglio e pregiudizio, ma la risposta è la stessa. Bisogna dimenticare la materia che si sta trattando e concentrarsi sui dettagli, della storia o del personaggi. Sono i dettagli a salvarti in questi casi, non restare in contemplazione del monumento che hai di fronte.
D.: Ha provato molto con Gary Oldman per raggiungere un tale livello di realismo?
R.: Abbiamo preparato il film per circa sei mesi, e una delle prime cose su cui abbiamo iniziato a lavorare è stato proprio il trucco. Questo mi ha permesso di poter lavorare con Gary molto a lungo, perché doveva essere presente a tutte le prove e ne approfittavamo per lavorare sul personaggio. Prima di tutto sul respiro di Churchill, perché essendo un gran bevitore e fumatore di sigaro, aveva una respirazione particolare. Poi siamo passati alla camminata, che doveva essere sicura ed energica, quindi alla voce. Gary mi mandava dei messaggi vocali sull’iPhone con le prove del discorso e abbiamo lavorato molto su quei test. È stato tutto un work in progress, e quando siamo arrivati al momento in cui dovevamo effettivamente provare, ci siamo potuti concentrare esclusivamente sulle scene e la loro costruzione, perché il personaggio ormai era plasmato.
(Alessandro De Simone, in www.thecinemashow.it, 22 gennaio 2018)

La critica

Avevamo bisogno di un altro film su Winston Churchill? Probabilmente no ma davanti alla performance di Gary Oldman L'ora più buia è la benvenuta. L'Homburg di feltro, il grosso sigaro, il panciotto, la voce grassa, il corpo goffo, il whisky (sempre) alla mano, il mumbling permanente, lo rendono una sfida irresistibile per qualsiasi attore (…). Dietro a un trucco che non impedisce l'evoluzione sottile del suo personaggio, riconosciamo lo sguardo di Oldman, la riserva segreta dove conserva quella facoltà incredibile di terrorizzare, tante volte dimostrata sullo schermo. Il re ha paura, la segretaria ha paura, l'emaciato (e straordinario) Lord Halifax di Stephen Dillane ha paura di lui, montagna di eloquenza e forza espressiva in grado di mandare la parola sui campi di battaglia. Hanno paura davvero perché Gary Oldman trova il DNA di Churchill, allacciando il lavoro interiore con le capacità fisiche fuori norma. È lui il punctum visivo della messinscena che oscura il nemico e concede zero repliche alle altre forze in campo”.
(Marzia Gandolfi, in www.mymovies.it).

“Sigaro, alcol, grassi alimentari: sono queste le coordinate del personaggio, assieme alla supposta brutalità di cui viene avvisata la neoassunta segretaria (Lily James, che ha le fattezze di una Biancaneve moderna) che ha il compito di battere a macchina le lettere del grand’uomo destinate a fare la Storia. Churchill è ritratto proprio come lo ricordiamo nelle celebri fotografie d’epoca: un uomo già fisicamente bigger than life. La costruzione della tensione del film di Wright passa proprio dall’incapacità di trattenersi del suo protagonista, che sfiora il caricaturale senza mai caderci, guadagnando in umanità. Il bofonchiare a tratti impercettibile, la vena di bonario sadismo, la leggendaria irascibilità così refrattaria ai compromessi, vengono descritti con un’ironia affettuosa che il doppio scopo di rendere accessibile il carattere del protagonista (costantemente umanizzato, anche nei continui battibecchi con la moglie, interpretata con sagacia d’ordinanza da Kristin Scott Thomas) e di utilizzarlo come veicolo unico per rileggere gli avvenimenti storici messi in scena (…) Il corpo di Churchill va a scontrarsi, a fondersi, a identificarsi con il corpo della Nazione: è il contraltare dell’assenza fisica nel finale di Dunkirk di Christopher Nolan, quando la sua voce detta i tempi del ritorno a casa dei superstiti dell’Operazione Dynamo, momento centrale della Seconda guerra mondiale e mito fondativo della resistenza del popolo inglese al nazismo”.
(Federico Pedroni, “Cineforum”, 3/ 2018)

scheda tecnica a cura di Guido Levi
 



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