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Scheda critica del film:

  

Il giovane Karl Marx

(Le jeune Karl Marx)

Il regista

Nato ad Haiti nel 1953, laureato in ingegneria, Raoul Peck si è poi diplomato all'Accademia di Film e Televisione di Berlino. Realizza i suoi primi documentari agli inizi degli anni Ottanta, mentre il primo lungometraggio di fiction, Haitian Corner, risale al 1987. Per molti anni è rimasto in esilio volontario, lontano dalla dittatura instaurata nel suo paese; rientrato ad Haiti dopo la fine del regime, dal 1995 al 1997 svolge l'incarico di Ministro della cultura.  Il suo film L'uomo sulla banchina (1993) è il primo film caraibico della storia presentato al Festival di Cannes, anche se raggiunse la notorietà internazionale solo alcuni anni dopo con il film Lumumba (2000). Attualmente è presidente della scuola di cinema nazionale francese La Fémis.

Peck sul film

Quale Marx? Per alcuni un’utopia mancata, per altri un’opera da dimenticare... Un uomo e un pensiero troppo complessi da decodificare? Una dottrina pericolosa e fuori tempo? In un mondo che affronta continue crisi finanziarie, vi è un rinnovato interesse verso questo personaggio, la cui popolarità è cresciuta moltissimo negli ultimi anni. Le più note riviste di costume e di ambito finanziario gli hanno dedicato le loro copertine: “Time”, “Newsweek”, “Forbes”, “Financial Times”, e persino “Der Spiegel”. Nel 1999 un sondaggio della BBC lo ha collocato in vetta a una classifica dei pensatori più importanti e influenti del ‘900, con Albert Einstein al secondo posto. Nel 2014, l’economista francese Thomas Piketty ha venduto mezzo milione di copie – nei soli Stati Uniti! – del suo “Il Capitale nel XXI secolo”, analizzando le teorie di Karl Marx sotto una nuova luce. Mi sono chiesto allora che tipo di film potessi realizzare. Con Pascal Bonitzer abbiamo deciso di ritrarre il “giovane” Karl Marx, di rappresentare la “sorgente” di tutta la sua opera monumentale. E soprattutto l’amicizia con il giovane Friedrich Engels, un confronto tra diversi contesti sociali e culturali che diede origine al Manifesto del Partito Comunista, cambiando per sempre la coscienza  dell’Europa e del mondo. E volevo che il linguaggio filmico fosse dinamico e fresco, come i suoi giovani protagonisti. Un ritratto storico, ma anche una serena riflessione, lontana dalle polemiche e le ideologie, del reale contributo politico e scientifico apportato da questo personaggio, le cui straordinarie capacità analitiche, aspirazioni umanistiche, le preoccupazioni  per  la  distribuzione della ricchezza, il lavoro minorile,  l’uguaglianza  tra  uomini  e  donne,  risultano  fonte  d’ispirazione   per   affrontare   problemi  quanto  mai  attuali  per tutti i cittadini dell’Europa e del mondo. Prima di compiere 30 anni, Karl Marx e Friedrich Engels avevano già rivoluzionato il mondo in cui vivevano, e  in  massima  sintesi il film parla di due temi: la giovinezza e il  potere  rivoluzionario delle idee.
 (dal pressbook italiano del film)

 

La critica

“Karl Marx non è mai riuscito a diventare un personaggio cinematografico. La sua figura è sfuggita al grande schermo, perfino nella produzione dei paesi comunisti (gli annali registrano giusto un film sovietico del '66, e un film della Germania Est di due anni dopo, che lo accoppiava a una gang di bambini). Su di lui c'era l'ultimo progetto di Roberto Rossellini poco prima di morire, subito dopo Il Messia, e l'accoppiata delle due biografie fu vista come un ideale "compromesso storico" al cinema (si era nel '77). Poi, giusto qualche apparizioni in un paio di film televisivi, l'apparizione in effige nell'iconoclasta Sweet Movie (1974) di Dusan Makavejev, in cui una sua statua troneggiava su un battello, e certi sketch animati dei Monty Python. Eppure la sua biografia è tutt'altro che noiosa, come ricorda nel centenario della nascita il film Il giovane Karl Marx diretto dall'haitiano Raoul Peck dopo il documentario su James Baldwin premiato con l'Oscar (I am not your Negro). Il Marx raccontato è quello del periodo 1844-1848, dall'incontro con Engels alla stesura del Manifesto, alla vigilia dei moti che sconvolgeranno l'Europa. In mezzo l'espulsione dalla Francia, le difficoltà economiche, i rapporti con Proudhon, le polemiche e la trasformazione della Lega dei Giusti. È un mondo cosmopolita, quello raccontato, in cui i personaggi fra loro parlano inglese, francese e tedesco. l film adempie nobilmente al suo scopo, con una regia funzionale (quando non tenta qualche azzardo stilistico, ma per fortuna sono pochi), ben interpretato (si rivede tra l'altro la rossa Vicky Krieps di Il filo nascosto nel ruolo di Jenny, la moglie di Marx), che fa capire con passabile chiarezza le posizioni interne a un dibattito appassionato, le tattiche e le strategie, gli errori e i limiti, aderendo chiaramente alle motivazioni dei personaggi ma senza scadere troppo nell'agiografia. Per motivi anche di costo, rimane un po' sullo sfondo la descrizione delle contraddizioni sociali da cui quei movimenti politici partivano, ma in compenso viene fuori un dato non secondario: l'idea di un Marx figlio del Romanticismo, personaggio ottocentesco calato nei moti profondi della sua epoca, a suo modo personaggio da romanzo, non solo analista e teorico, ma anche avventuriero visionario”.
(Emilio Morreale, in “La Repubblica”, 1 marzo 2018).

“Se la struttura del film è esile, con una regia classica e ricostruzioni che soffrono un budget non adeguato, è potente invece la lettura storica che il regista compie attraverso i personaggi, con Karl Marx e Friedrich Engels (Stefan Konarske, volto azzeccato) trasfigurati nel Giano Bifronte della sinistra: da una parte la faccia creativa, passionale, bohémienne in bilico con l'autodistruzione, dall'altra quella solidamente borghese, oggi diremmo radical chic, che foraggia e sostiene la prima. Ed è chiaro che la simpatia dell'autore è tutta per lo "scapestrato Marx", le cui radici - le sue e quelle del comunismo - per Peck affondano e si nutrono degli ideali di un preciso movimento artistico e culturale: il Romanticismo. Quella raccontata ne Il Giovane Karl Marx è un'epoca in cui fare politica non è una carriera, ma un percorso fatto di slancio e passione, ricerca di risposte a domande urgenti, elaborazione di ideali necessari. E chi ci si lancia anima e corpo, rischiando la vita e la galera, la povertà o la solitudine, sono ragazzi di poco più di vent'anni (quando La Lega dei Giusti diventa, grazie all'apporto di Marx ed Engels, la Lega dei Comunisti, Marx ha solo 29 anni). È una politica che è davvero discorso della polis, della comunità, e Peck ce lo dice mettendo in scena ogni volta che può filosofi e lavoratori schiacciati l'uno contro l'altro in sale piene di fumo e di sudore, tutti rigorosamente in piedi, a fare la conta delle mani per prendere le decisioni. Una politica in cui a contare sono sì le idee - solo le più forti si propagano per davvero - ma anche le persone che di quelle idee sanno farsi ambasciatrici, portandole fisicamente oltre le frontiere, tessendo reti, scambiando libri, stampando clandestinamente pubblicazioni proibite. Pedagogico il giusto, certo non rivoluzionario, Il Giovane Karl Marx evita la trappola del film-bignami raccontando, con relativa leggerezza, un'epoca in cui i lavoratori di tutto il mondo si univano senza per forza condividersi. E non erano i like ad accendere le rivoluzioni, ma uomini in carne e ossa. Con i loro appetiti e le loro passioni”.
(Ilaria Ravarino, in www.mymovies.it, marzo 2018)

scheda tecnica a cura di Guido Levi
 



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