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Scheda critica del film:

  

Blow - Up

Il regista

Michelangelo Antonioni è  nato a Ferrara il 19/9/1912; dove si è diplomato in ragioneria; successivamente,  ha proseguito gli studi a Bologna, laureandosi in economia e commercio; interessato alla pittura ed al teatro, ha scritto recensioni per giornali locali;  avendo vinto un littoriale della cultura e dell’arte,  si è trasferito a Roma nel 1940, dove ha potuto frequentare il Centro sperimentale di cinematografia ed ha incominciato a collaborare con la rivista “Cinema”; nel 1942 ha partecipato alla sceneggiatura di “Un pilota ritorna” di R. Rossellini. Nel 1942 si è sposato con Patrizia Balboni, matrimonio durato fino al 1956. Avendo avuto una breve esperienza  cinematografica culturale francese,  nel 1943 ha iniziato le riprese di’ “Gente del Po”, poi ultimato nel dopoguerra. Seguì  un documentario (N.U.: Nettezza Urbana,1947); pur mantenendo la sua attività di critico, in quel periodo era alla ricerca di un linguaggio nuovo, in quanto la società stava cambiando; ha avuto occasione di conoscere e di lavorare con Visconti, Lizzani, Zavattini e De Santis. Dopo gli anni del neorealismo, che hanno comunque fatto conoscere la cinematografia italiana anche all’estero, rimanevano i problemi, le aspirazioni, le ambiguità della società borghese, in parte  legata a precedenti schemi culturali e comportamentali. La psicoanalisi, l’esistenzialismo, un certo benessere economico, gli scambi culturali con l’estero, il nuovo modo nel confronto dei  rapporti tra uomo e donna, hanno influenzato il suo cinema. Esordì nel 1950 con “Cronaca di un amore” , al quale poi seguì “La signora senza camelie” del 1953 con Lucia Bosè, preceduto da un’analisi sul mondo giovanile (I vinti, 1952) e seguito da ”Le amiche” (1955), tratto da un racconto di  Cesare Pavese e da una compartecipazione con Cesare Zavattini in “Amore in città”. Alla fine degli anni ’50, probabilmente collegato con la fase del benessere economico, dell’attività industriale, che aveva anche modificato la vita e la struttura delle città,  Antonioni iniziò una fase nuova, post-realistica, sull’incomunicabilità tra l’individuo e la realtà, nella serie di  film che indagano sui sentimenti, con un “montaggio critico degli eventi, intervento cosciente sulla realtà, oppure opposizione alla visione soggettiva lirico-melancolica… nel tentativo di capire l’assurdo”, secondo U.Eco. Il linguaggio filmico è particolare, tendendo all’astratto, come in arte. Seguirono: “Il grido” (1957), “L’avventura”(1960), “La notte” (1961), “L’eclisse” (1962), “Deserto rosso” (1964), primo film a colori, che vinse il Leone d’oro a Venezia. In questo gruppo di film predomina la crisi dell’uomo  rispetto all’ambiente, la difficoltà a trovare la sua identità, in strutture meccanizzate, predominanti, opprimenti, che lasciano poco spazio ai sentimenti, dominando alienazione  ed incomunicabilità. Vi è anche uno studio accurato, oltre a quello dell’ambiente, sulle posizioni e sui movimenti degli attori nello spazio, che è stato definito di tipo “geometrico”, suggerito da un’analisi dello stesso regista. Nei  film di questo periodo si nota la presenza di Monica Vitti, attrice particolarmente sensibile, diventata una “musa ispiratrice”.   Seguì “Blow-up”(1966), film girato all’estero, in lingua inglese e con capitali esteri, che gli diede fama internazionale per la sua modernità.  Seguirono lungometraggi  girati in lingua inglese con attori internazionali : “Zabriskie Point” (1970), girato in U.S.A. sulla contestazione giovanile nella società dei consumi, provocando discussioni e scarsi apprezzamenti, “Chung Kwoi, Cina” (1972) per la TV, “Professione Reporter”(The Passenger) (1975), “Il mistero di Oberwald”(1980), “Identificazione di una donna”(1982), ed alcuni documentari. In  quel periodo Antonioni aveva conosciuto Enrica Fico, critica cinematografica, attrice e regista ligure, che collaborò con lui, lo sposò nel 1986 e gli starà vicino fino alla morte. Purtroppo, nel Dicembre 1985, Antonioni ebbe un ictus cerebrale con emiparesi ds. ed afasia; essendosi ripreso,  continuò a lavorare, presentando materiale inedito a Cannes nel 1989. Un convegno sul “Maschile e femminile nel cinema di Antonioni” fu organizzato nel Tigullio nel 1994. Nel  1995 gli è stato assegnato un premio Oscar alla carriera; nello stesso periodo ha girato con Wim Wenders “Al di là delle nuvole”. Materiale frammentato dello stesso periodo o successivo viene inserito nel film “Eros”. Nel 2004, produce un documentario “Lo sguardo di Michelangelo”. Muore a Roma il 30 Luglio 2007 (lo stesso giorno della morte di Ingmar Bergman); viene sepolto nel cimitero monumentale “Certosa di Ferrara”. Vi è una fondazione dedicata a studi su Antonioni, curata da una sua nipote.

Un trattato di fenomenologia
“Blow up”…è un trattato di fenomenologia cinematografica, in cui uomini e cose, paesaggi ed ambienti sono osservati, non soltanto con quel distacco “obbiettivo” che è proprio della cinecamera, ma anche con quel proposito,  più o meno sottinteso, di analizzare la realtà dal di dentro per scoprire la vera struttura…ed i riposti significati…La vicenda del giovane  fotografo, che, ingrandendo  una fotografia, scopre o gli pare di scoprire una realtà sconosciuta, misteriosa, probabilmente drammatica, acquista una chiara indicazione simbolica; la sua storia diventa la storia di ogni uomo, il suo fallimento, lo stesso fallimento dell’esistenza umana, costretta a girare a vuoto … in un mondo incomprensibile che rimanda continuamente ad altro. Dalla fenomenologia alla metafisica, si potrebbe dire, se non fosse che Antonioni rimane sempre ancorato ad una visione materialistica della realtà, che  il mistero è uno scacco alla ragione umana…Antonioni giunge alla coscienza della totale soggettività dell’esperienza e comincia ad interrogarsi sulla presunta oggettività della tecnica,  cioè dei mezzi costruiti dall’uomo per  controllare la realtà fenomenica…è un  discorso dell’alienazione  dell’uomo, nei confronti della realtà che lo circonda, della sua solitudine in un mondo  sconosciuto ed irriconoscibile, del suo fallimento esistenziale, emblema di una società altamente tecnologica, con strumenti, che non sono più in grado di controllare la realtà ed impediscono quel rapporto autentico fra l’uomo e gli oggetti, che è la base di ogni vita responsabile (da G.Rondolino; Storia del cinema, UTET,2006)   

Le strutture dell’operazione artistica
“Blow up” si pone come ricerca autonoma sulle strutture dell’operazione artistica, quasi emarginando la conflittualità. I temi tradizionali ed i nuclei dialettici appaiono come dissecati, disciolti: la riflessione sulla forma (l’immagine, quindi anche il ruolo dell’arte, ecc.) conduce al momento più dichiaratamente mediato del regista e proprio dietro le sembianze di una spontaneità nel procedimento emotivo (la scioltezza, la ricchezza delle immagini, l’improvvisazione, un film che si fa). Una prima lettura può appunto scoprire l’agile struttura del film, che appare come una sorta di sospensione di giudizio sulla realtà, accolta nel suo immediato manifestarsi. Anche ad un primo approccio, tuttavia, non si ha l’impressione che si tratti di un’opera libera, perché già si avverte quello che un’attenta analisi rivelerà,  si scorgono gli interrogativi dietro le certezze, le zone d’ombra che permangono dietro lo sciogliersi delle immagini, vale a dire del “nuovo”...  Ne esce un’opera ambivalente, dai  piani ribaltati, con, al fondo, un sapore di mistificazione che può sembrare -e forse è-nuovo per il regista. L’immagine è presa per il tutto, come osservazione su alcune  strutture della realtà. La casualità del fotografo di moda diventa discorso di Antonioni su se stesso, nel senso della propria operazione, su quella costruzione che origina l’irruzione dell’informe…Troviamo ancora… il dissidio tradizionale dell’autore:  il vecchio e il nuovo… e poi dell’ambiente in alcuni personaggi…e ancora la morte-mistero, la morte sotto l’amore (la fotografia). Ma in evidenza è messo il carattere dell’ambiguità… Blow up è una sorta di nuovo vagabondaggio…senza urli, osservato, ponendosi alcune domande senza risposta.. Il massimo dell’obiettività (la riproduzione fotografica del reale) coincide con l’indecifrabilità…Fino  alla vera immagine di quella realtà:  assoluta, misteriosa, che nessuno vedrà mai..O forse fino alla scomposizione di qualsiasi immagine, di qualsiasi realtà… si insiste sul divario tra immagine (realtà nel suo apparire)  e sua indagine (ingrandimento)…mistificazione delle soluzioni e delle obiettività… (da  G. Tinazzi: Michelangelo Antonioni, Il Castoro cinema)-          

scheda tecnica a cura di Carla Carli

 



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