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Scheda critica del film:

  

Ascensore per il patibolo

(Ascenseur pour l'échafaud)

Ogni volta mi si chiede cosa penso del cinema politico, rispondo che non so cosa sia. Credo che i film che hanno davvero una autentica importanza politica sono quelli che non si proclamano politici. Non sono i film di tipo militante, il cui unico scopo è confermare una posizione già acquisita, una retorica già esistente. Al contrario sono politici i film che scuotono, che turbano, che obbligano alla riflessione.”
 Louis Malle

Il Regista

Louis Malle. Nato nel 1932 e dunque coetaneo di Truffaut, Malle proviene da una famiglia di alta classe sociale al contrario del coetaneo François, e la sua scelta di vita a favore del cinema è una ribellione. Compagno di strada ma mai effettivamente integrato nel gruppo della Nouvelle Vague, di cui non condivide le origini critiche (i Cahiers du Cinéma) né i successivi manifesti estetici come movimento creativo, si muoverà sempre in modo del tutto autonomo. Nel più libero eclettismo, esordisce nel documentarismo subacqueo accanto al mitico “comandante” Cousteu e come aiuto del grande outsider Bresson. Per il suo debutto autoriale sceglie di rendere omaggio al “polar”, neologismo francese per indicare il genere poliziesco-noir, e spazia poi tra suggestioni molto diverse, pur tenendo spesso presenti spunti difficili come la pedofilia o l’incesto, mettendo a segno una serie di risultati di altissimo profilo. Da Zazie nel metrò a Soffio al cuore, da Pretty Baby ad Atlantic City passando per due grandi film come Cognome e nome: Lacombe Lucien e Arrivederci ragazzi che hanno in comune la memoria (non, senza perdere in leggerezza, edulcorata e fiabesca come quella dell’Ultimo metrò di Truffaut) dell’occupazione, del collaborazionismo, della persecuzione degli ebrei in Francia. Fino al precoce quanto prezioso congedo del cecoviano Vanya sulla 42esima strada, un anno prima della sua morte avvenuta nel 1995 negli Stati Uniti dove si era trasferito in seguito all’unione con l’attrice Candice Bergen.

Noir americano con innesti europei
Gli occhi di Jeanne Moreau come quelli di Bette Davis, sensuali, magnetici, ipnotizzanti. Ascensore per il patibolo si apre su uno sguardo accompagnato dalle note improvvisate di Miles Davis, come se il flusso di coscienza si diramasse nei mille percorsi delle variazioni jazzistiche. Il segreto e la magia di questo film risiedono proprio nel perfetto connubio tra tempo musicale e tempo interiore, nel contrasto tra luoghi chiusi (la cabina telefonica, l’ascensore, gli uffici, il commissariato, la camera oscura) e spazi aperti (le passeggiate sugli Champs-Élysées, le folli corse in autostrada, i paesaggi notturni, le visioni di Parigi dall’alto, il motel nella periferia).
Louis Malle, appena venticinquenne, prende spunto dal noir americano con innesti europei (Hitchcock e Lang) e dalle influenze di Bresson, ma se ne discosta quasi subito citando il cinema di Visconti (Ossessione) e di Antonioni (Cronaca di un amore). L’intreccio “polar” è solo un pretesto per mostrare due solitudini che non si incontrano: Florence (Jeanne Moreau) è una moglie infelice che scopre nell’innamoramento una possibilità di rinascita; Julien (Maurice Ronet) è un ex capitano della guerra di Indocina con un grande avvenire dietro le spalle.
La storia degli amanti diabolici scritta da Noël Calef è ispirata a Il postino suona sempre due volte di James Cain. Malle ipertrofizza il personaggio femminile e lo disegna sulla icona esistenzialista della Moreau: tutte le scene che la vedono protagonista sembrano trasudare di una muta disperazione, di una tragica fatalità che ricorda la letteratura russa (Cechov è tra gli autori di riferimento
Indimenticabile la scena sugli Champs-Élysées in cui la ricerca dell’amante viene accompagnata dalla tromba malinconica di Miles Davis: il suono crea un mood decadente in cui la sofferenza di un singolo individuo sembra permeare gli ambienti circostanti. Florence, quasi sonnambula, in piena trance emotiva, entra dentro un bar, crede di avere visto Julien, fa domande agli avventori: con un movimento morbido e rispettoso la macchina da presa si sposta verso l’alto e la segue fino a quando incontra la propria immagine riflessa allo specchio. Sta perdendo l’amore e comincia a perdere se stessa, la propria identità.
Louis Malle pone al centro della indagine l’uomo con la sua solitudine e fragilità, impotente di fronte al destino beffardo. Jeanne Moreau entra nella storia del cinema con il suo sguardo perduto, il futuro ormai abbandonato alle proprie spalle, colto per un istante con la coda dell’occhio.
(www.sentieriselvaggi.it)

Amore e Destino
Disperata meditazione sul binomio Amore e Destino in chiave noir, Ascensore per il patibolo è il primo lungometraggio di Louis Malle. Tra struggimenti mélo e messinscene suicide, il canovaccio narrativo altro non è che l'ennesima variazione sul tema dell'amore impossibile tra due amanti ostacolati dal fato. Ma è proprio la feroce implacabilità della separazione, magnificata cinematograficamente da un incipit telefonico visivamente vertiginoso, a offrire all'esordiente cineasta l'occasione di piegare il genere verso profondità indimenticabili. Dopo la telefonata iniziale, Florence e Julien (Jeanne Moreau e Maurice Ronet, entrambi in stato di grazia) sono destinati a non comunicare, non condividere gli stessi spazi e non incontrarsi mai, pur essendo accomunati dal medesimo destino.
Paradossalmente questa crudele segregazione apre il film alla deriva stilistica: mentre Julien è irrimediabilmente imprigionato nell'ascensore, Florence lo cerca disperata per tutta Parigi. Malle - ed è questa la trovata più esaltante della pellicola - filma i due spazi antitetici come luoghi analoghi: la buia cabina dell'ascensore diventa un territorio da smantellare e interrogare come se fosse una scatola cinese, mentre la sfavillante oscurità della Ville Lumière si tramuta inesorabilmente in un contenitore vuoto, privo della sola presenza agognata da Florence. Desiderio e angoscia impregnano indifferentemente i due spazi, facendo dell'uno la cassa di risonanza dell'altro.
Il film è diventato celebre per le spaesate camminate notturne di Jeanne Moreau nelle strade di Parigi, rese ancora più lancinanti e astratte dagli assolo della tromba di Miles Davis (inutile ricordare che le musiche sono il frutto di una sola notte di registrazione, durante la quale il trombettista, accompagnato da un sax, un piano, un contrabbasso e una batteria, ha improvvisato davanti alle immagini mute che passavano sullo schermo). Eppure senza la capacità quasi bressoniana mostrata da Louis Malle nel fare dell'ascensore uno spazio cinematograficamente produttivo il film non avrebbe lo stesso equilibrio compositivo.
Ascensore per il patibolo è il ghigno maledetto di una metropoli che si allea col Destino per separare gli Amanti, ai quali non è concesso che un abbraccio fotografico gravido di conseguenze fatali. "Mais là nous sommes ensemble. Là, en quelque part, réunis".
(www.spietati.it)

L’atmosfera e la musica
Più che la solidità dell’intreccio o la sicurezza nel gestire la regia e imprimerle un’impronta personale, l’asso nella manica del film è la sua atmosfera. La Parigi degli anni ’50, sorpresa e sospesa tra lo sfondo delle grane coloniali (persa l’Indocina a Dien Bien Phu nel ’54, il guaio algerino in pieno corso) e i richiami del consumismo e dell’americanizzazione (il ragazzetto che ruba l’auto di Julienne e commette in un motel il delitto che a Julienne verrà addossato, è un blouson noir, un piccolo irresponsabile “giovane bruciato”). La Moreau che vaga nella notte piovosa senza meta tra un hotel e un bar alla cieca ricerca di Julienne, qui sul trampolino di lancio che farà di lei una grande star del cinema (sarà vero che Antonioni la scopre qui e la sceglie per La notte?). L’assassino, lucido e freddo, ex capitano dei parà ed ex legionario che ha maturato pelo sullo stomaco e disprezzo antiborghese nelle guerre coloniali ma probabilmente già prima militando nel maquis. E, clamoroso valore aggiunto, la decisiva e indimenticabile tromba jazz di Miles Davis all’apice della sua creatività (Kind of Blue nasce di lì a poco).
Il film è stato rimesso in circolazione nell’ambito del progetto “Il cinema ritrovato al cinema – classici restaurati in prima visione” patrocinato dalla Cineteca di Bologna a partire dal settembre 2013.
(repubblica.it)

scheda tecnica a cura di Debora Paparella

 



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