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Scheda critica del film:

  

Un americano a Parigi

(An american in Paris)

Il Regista
Vincente Minnelli è nato a  a Chicago il 28 Febbraio 1903 ed è morto a Los Angeles il 25 Luglio 1986.
Ha esordito come costumista per le riviste di Broadway, per poi diventare un insuperato maestri di stile e di gusto del cinema americano. Eclettico e raffinato, seppe impiegare costumi e colore in modo magistrale sia nei suoi indimenticabili musical, genere che rinnovò profondamente integrando i numeri musicali nel plot, sia nella commedia leggera, sia nel dramma psicologico sia negli altri generi con cui si misurò durante la sua lunga carriera. Al genere del musical appartengono film che hanno fatto la storia del genere come Due cuori in cielo (1943); Ziegfeld Folies (1946); Il pirata (1947); Spettacolo di varietà (1953); Brigadoon (1954) e i premiatissimi Un americano a Parigi (1950) e Gigi (1958). Nel 1945 sposò Judy Garland da cui ebbe una figlia, Liza, a sua volta divenuta attrice e ballerina. Nel genere della commedia e del dramma psicologico diresse un numero sterminato di film. Eccone alcuni: Qualcuno verrà (1946); Il padre della sposa (1950), fortemente comico; Una fidanzata per papà (1963), il suo miglior film comico-brillante; Uno straniero tra gli angeli (1955); Brama di vivere (1956), biografia di Van Gogh; A casa dopo l'Uragano (1949); I quattro cavalieri dell'Apocalisse (1961); Castelli di sabbia (1966), confezionato per la coppia Burton-Taylor; Nina (1976), con la figlia Liza e Ingrid Bergman. Nella sua vastissima produzione vi sono alcuni temi ricorrenti. Primo fra tutto, la realizzazione del sogno inseguito dai suoi protagonisti con tenacia parossistica. Correlato a questo vi sono le coppie illusione/disillusione, incanto/disincanto, sogno/realtà. Tutti elementi manovrati con grandissima abilità dal maestro di Chigaco di lontane origini italiane.

Un capolavoro del cinema
Minnelli regista e Kelly ballerino-cantante-attore-coreografo, costruiscono non solo un capolavoro del cinema, ma un'opera composita che figura benissimo nell'arte del Novecento. Naturalmente è determinante la musica di George Gershwin che compose forse la sua più importante sinfonia, fatta apposta per far brillare le prerogative del cinema. Tutte le canzoni (cantate oltre che da Kelly anche dallo "chansonnier" Paul Guétary, idolo parigino) sono classici indimenticabili. La Metro, nella realizzazione di questi film, era molto rigorosa e generosa, assumeva i più bravi consulenti da ogni parte del mondo. I balletti di Kelly sono studiati in scenografie che si richiamano ai grandi quadri impressionisti (Renoir e Monet soprattutto) e a Toulouse-Lautrec. Il numero centrale viene considerato un capolavoro anche dai grandi coreografi del balletto classico, come Béjard. Naturalmente la tendenza di Minnelli, in quasi tutti i suoi film, era una certa concessione al kitch, che nel musical quasi non andrebbe considerato "caduta", ma valore aggiunto.
(MyMovies)

Un inno all’Arte
Come abbiamo visto, la trama è molto semplice, infatti ciò che rende unico il film è la grande capacità dell’attore, ballerino e coreografo Gene Kelly e i numeri musicali fuori dal comune: il balletto con i bambini per le strade della città accompagnato dalle note di I got rythm, nel momento musicale cantato da Georges Guetary dal titolo I’ll build a stairway to paradise. Memorabile la scena in cui Oscar Levant, nei panni di Adam, sogna di suonare tutti gli strumenti dell’orchestra. Ma la vera sequenza di scene che segna la storia del film sono senza dubbio gli ultimi 17 minuti in cui i protagonisti-ballerini costruiscono con il loro movimento alcuni quadri viventi dei maggiori artisti impressionisti, tra cui Renoir e Toulouse-Lautrec. È un inno all’Arte, in tutte le sue espressioni e sfaccettature. La grandezza di Un americano a Parigi risiede senza dubbio nella capacità del regista Vincente Minnelli di mescolare generi diversi e costruire un genere che avrà sempre più successo nel corso degli anni a venire. Non sono da meno la Fotografia, la Scenografia e i Costumi che creano il mondo parigino impressionista, anche se lontano dalla Parigi degli anni Cinquanta e più legata all’immagine di coloro che non vivono la città ma la sognano.

Una città reinventata
Il film è del 1951 e tanti americani avevano ancora la memoria fresca della liberazione della città dai tedeschi, da quel clima collettivo incredibile di felicità e apertura. Così l'immagine di una città da sempre considerata meta ideale per artisti, intellettuali e innamorati viene rinnovata in uno strano miscuglio di contemporaneità e passato (la vicenda potrebbe benissimo essere ambientata nei primi del '900). Vincente Minnelli è l'autore perfetto per il compito. ….. Un americano a Parigi si fa ricordare più che per la storia, all'osso decisamente convenzionale, per il radicale e innovativo dominio del mondo della fantasia in forma di balletto nella trama, dilatata sin a diventare una visione surreale (con i numeri musicali che spesso fanno riferimento alla pittura impressionista o a Toulouse Lautrec) che ha pochi paragoni per magnificenza e inventiva. Ad esempio il ballo finale, coreografato dallo stesso talentuoso protagonista Gene Kelly e ravvivato dalla fresca presenza della scoperta Leslie Caron, (esordiente 19enne) ha previsto 120 ballerini e 220 costumi, per una spesa “monstre” di 450 mila dollari. E che dire del sogno di Adam, interpretato da Oscar Levant, in cui lo si vede dirigere, suonare e assistere al suo sospirato concerto per piano (contemporaneamente), citando e omaggiando così in questo modo un capolavoro del muto di Buster Keaton?
(Massimo Lastrucci, Ciak)

Pittura, cinema, teatro
Memorabile la sequenza di I Got Rhythm, dove Jerry Mulligan danza con i bambini per le vie di Parigi, comunicando tutto il suo amore per la città e per l'arte in generale. Ed è proprio quest'ultima il perno portante dell'intero film, con Minnelli che riesce nell'impresa di integrare perfettamente pittura, cinema e teatro, impreziosendo le performance stesse con canzoni e balletti che Leslie Caron e soprattutto Gene Kelly si cuciono addosso. L'atmosfera parigina e le scenografie contribuiscono a dar vita a un mix di colori, vitalità e romanticismo, immergendo chiunque lo veda nella cultura francese, nei suoi locali e nella sua musica. Gli schemi tradizioni visti fino a quel momento saltano e il regista si prende tutto il merito per aver portato il cinema a un nuovo livello di spettacolo. La sequenza finale, infatti, è una gioia per gli occhi: un susseguirsi di immagini, colori, scenografie, fanno da contorno alla coreografia che Kelly elabora sulla canzone che dà il titolo al film, in un balletto che dura ben 18 minuti. Si tratta di un omaggio a Toulouse-Lautrec, Van Gogh, Renoir e Monet, ma è soprattutto arte nell'arte, teatro nel cinema, dove i confini si confondono lasciando spazio all'immaginazione e alla creatività artistica. L'uso del Cinemascope, poi, contribuisce ulteriormente alla realizzazione di immagini di ampio respiro, soprattutto quando vengono utilizzate come scenografie ampie tele di grandi pittori e movimenti veloci di macchina. Ma tutte le componenti del film contribuiscono nella perfetta riuscita del prodotto, dalla fotografia alla sceneggiatura, dalla regia agli interpreti. E sono proprio Gene Kelly e Leslie Caron la ciliegina sulla torta, soprattutto nel numero interpreto sul lungo Senna, Love is Here to Stay. E se l'amore è qui per restare, Un Americano a Parigi pure. Dopotutto, è un capolavoro. Lo era IERI, lo è OGGI e lo sarà DOMANI
(Martina Farci, Cinema4stelle)

scheda tecnica a cura di Paolo Filauro

 



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