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Scheda critica del film:

  

Little sister

(Umimachi diary)

Il Regista
Hirokazu Koreeda nasce il 6 giugno 1962, a Tokyo. Dopo aver studiato all'Università di Waseda, decide di fare lo scrittore, ma non incontrando il successo sperato, lavora prima come assistente documentarista e poi come documentarista per l'emittente televisiva Man Union, firmando principalmente opere legate al sociale o al cinema come Shikashi (1991), incentrato su un caso di suicidio di un funzionario governativo.
Il debutto nei film a soggetto, avviene subito dopo queste esperienze con la trasposizione della novella omonima di Teru Miyamoto Maboroshi no hikari (1995), legato al tema del suicidio e che viene definito dalla critica un film "difficile da comprendere" proprio perché trova il suo senso in un tipo di cultura che è diametralmente opposta alla nostra e che è molto più introspettiva. 
Il suo film successivo è Wandafuru raifu, dove si fa più nitido il suo stile, definito un mix di Hou Hsiao-Hsien e Tsai Ming-liang, e dove ancora una volta si esplora il ruolo della morte e il suo confine con la vita. Partendo da un assunto paranormale (i nuovi deceduti vengono accolti in un ufficio dove, assieme a dei consulenti, devono scegliere i momenti più importanti della loro vita così da farne un film e poter essere ammessi al paradiso), Koreeda cerca di indagare sulla memoria e sulle esistenze umane.
Nel 2001, dirige invece Distance  dove ritorna ai casi di suicidio (vera e propria piaga della società giapponese), narrando le conseguenze del suicidio di massa da parte degli adepti di un culto religioso ispirato a quello di Aum Shinrikyo, che divenne noto in tutto il mondo dopo la strage nella metropolitana di Tokyo il 20 marzo 1995.
Di seguito, dirige il cupo Nessuno lo sa  nel 2006 esce  Hana yori mo naho, il suo primo film di costume affiliato al sottogenere giapponese dello jidai geki (pellicole di samurai, contadini, fabbri, mercanti e con duelli a fil di lama) e nel  2008 Still Walking , che racconta il ritorno a casa di due fratelli dopo la commemorazione funebre di un terzo fratello, deceduto quindici anni prima.
Uno dei suoi film più conosciuti, anche e soprattutto in occidente, è Father and Son (2013) che vince, al Festival di Cannes, il Premio della Giuria e il Premio Ecumenico della Giuria, per aver analizzato con estrema introspezione la complessa figura di un uomo che deve diventare padre.
Nel 2016, un anno dopo Little sister porta al Festival di Cannes la potente storia di famiglia e legami di After the Storm.

Filmografia lungometraggi

NOTE CRITICHE
Hirokazu Kore-eda in questa occasione ha avuto come punto di riferimento la graphic novel "Umimachi's Diary" di cui ha conservato l'impianto di fondo riservandosi però, con il consenso dell'autore Yoshida Akimi, la più ampia libertà di rilettura. Ha così focalizzato il racconto non solo sulla giovanissima Suzu ma anche sulla più adulta delle sorelle, Sachi. Con la sensibilità che lo contraddistingue entra in questo universo femminile in punta di piedi ma la sua attenzione nei confronti delle protagoniste sa leggere dentro i tormenti che il tempo talvolta lenisce e talaltra rende più acuti e dolorosi. Il sorriso di Suzu nasconde risentimenti che solo un'occasionale ubriacatura rende espliciti mentre l'apparente rigidità di Sachi trae origine non solo dall'abbandono paterno vissuto ad un'età in cui era presente la consapevolezza di quanto stava accadendo ma anche dal conflitto con l'irrisolta figura materna nei confronti della quale prova un sentimento di rifiuto. Da infermiera, tenuta al contempo a non farsi troppo coinvolgere dalle morti dei pazienti ma anche incapace di accettarle come routine professionale, Saichi cerca di proteggere le sorelle e se stessa dai sentimenti che vede come un pericolo a causa della loro instabilità e del dolore che possono procurare agli altri. In un liquore di prugne fatto in casa finisce con il condensarsi quasi simbolicamente il senso del film. Il passare del tempo ne modifica il sapore e la trasparenza. È quanto accade a molti di noi con sentimenti che ritenevamo a torto immutabili e che invece si trasformano sia in senso positivo che negativo. L'indumento offerto alla sorella più liberata così come il kimono d'estate regalato alla sorella acquisita diventano allora per Sachi segni di una possibile riapertura al sentire sempre meno vincolata a un passato di profonda sofferenza. Grazie anche a Suzu, ancora capace di farsi travolgere dalla bellezza dei ciliegi in fiore.  (Giancarlo Zappoli My movies)

Dopo Like Father, Like Son, c’è ancora la famiglia, ci sono ancora i legami di sangue e non, ci sono gli affetti che si accumulano o che spariscono nel corso della vita, al centro del nuovo film di Kore-Eda Hirokazu
E ancora una volta, e ancora di più, quella che il regista giapponese racconta è una storia che, nonostante tutto, alla vita guarda con la voglia di sorridere dolcemente, superando piccole gioie e grandi dolori con la consapevolezza di un nuovo giorno all’orizzonte e dei punti fermi che rimangono al nostro fianco.
Non racconta più dei dilemmi della paternità tra natura e cultura, Kore-Eda, ma la vicenda di tre sorelle che da tempo sono l’unica famiglia l’una dell’altra, madre e padre portati lontano da un tradimento e da un divorzio doloroso. Tre giovani donne che accolgono fra di loro una quarta, la sorella nata nella nuova vita di loro padre, conosciuta per la prima volta al funerale di quest’ultimo.
Più si guarda, Our Little Sister, più non ci si crede: non si crede che davvero il film racconti, con la leggerezza di una brezza primaverile, una storia di ricongiungimento familiare che non cede al dramma delle recriminazioni sul passato, che racconta conflitti giocosi o pronti a ricomporsi dopo delle scuse garbate, che mette in scena personaggi (non solo le quattro sorelle, ma tutta la comunità della piccola cittadina costiera che le ospita) privi di ogni cattiveria e colmi d’empatia per il prossimo, anche quando questo prossimo, magari anche molto, ci fa soffrire. Non ci crede quasi a un film fatto solo e soltanto di piccoli gesti quotidiani, di un’alternanza fra le stagioni quasi impercettibile, dove la narrazione e la drammaturgia procedono per piccole oscillazioni e morbidissime propulsioni, invece che tramite scontri, forti oscillazioni,  strappi in avanti e frenate improvvise.
In questo senso, quello del giapponese è un film fortemente politico: che dimostra non solo la possibilità, quanto la totale plausibilità di una vita incentrata sull’amore e sulla gentilezza, sulla capacità di apprezzare le piccole gioie quotidiane, di affrontare il dolore con dignità, senza annegare dentro la rabbia, la negazione, il vittimismo, ma aggrappandosi a chi e a ciò che ci può sostenere.
I colori di Our Little Sister sono tenui, i toni sempre morbidi e soffusi: non per questo il film è incolore o eccessivamente ovattato. Richiede, certo, di rivedere le nostre attitudini tutte contemporanee alla fretta, al sarcasmo, alla rivendicazione a voce alta e pugni sul tavolo: ma di certo farlo non è un male.
E con quattro protagoniste che sono quattro moderne Piccole donne, e modo di raccontare debitore tanto alla letteratura vittoriana quanto alla scuola di maestri come Ozu, Kore-Eda ci porta, per un paio d’ore, in un mondo migliore e forse non del tutto impossibile. 
(Federico Gironi Coming soon)

Opera una scelta di dolcezza, Kore-eda, ma non abbandona neanche per un istante il senso del suo stare al mondo (cinematografico). La naturalezza del suo sguardo, che non ha bisogno di molto per trovare una propria compiutezza, si traduce in una regia armoniosa, che evita le asperità del terreno senza però negarle, dimenticarle o relegarle in un cantuccio.
C’è un dolore che traspare in Little Sister, ed è quello della vita, eternamente inadempiente nei riguardi dei nostri bisogni ma ancora una volta da affrontare senza paure, affidandosi alle persone che amiamo, e che possono/vogliono proteggerci. Inno essenziale e commovente all’affetto familiare, Little Sister appare come un lungo abbraccio, da principio timido e poi sempre più convinto, caldo, rassicurante. Come quello di quattro sorelle di fronte al mare, in una giornata ventosa
(Raffaele Meale  Quinlan)

scheda tecnica a cura di Alessandro Sbrana

 



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