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Scheda critica del film:

  

Santiago, Italia

Il Regista
Nanni Moretti nasce casualmente a Brunico (Bolzano) nell’agosto 1953 da una famiglia in cui la cultura è pane quotidiano (padre storico e professore universitario, madre professoressa di lettere al ginnasio) e, a differenza di molti altri egualmente fortunati, recepisce pienamente l’atmosfera in cui vive. Fin da ragazzo ha una grande passione per il cinema - insieme a quella per la pallanuoto (gioca anche in serie A nella Lazio Nuoto e nella Nazionale giovanile) - e giovanissimo gira il suo primo cortometraggio La sconfitta (1973) con una cinepresa Super8 acquistata vendendo la raccolta di francobolli. Già in questa sua prova d’esordio emerge quello che sarà il filo conduttore della sua attività registica: uno sguardo attento su caratteristiche e limiti della società a lui contemporanea di cui denuncia i difetti peraltro in modo sempre costruttivo e, a volte, in chiave ironica. Moretti come regista non nasconde mai sé stesso e le proprie idee, sia quando protagonista è la sua maschera/alter ego Apicella (il cognome è quello della madre) che esordisce in Io sono un autarchico (1976), sia quando figura in prima persona. Naturalmente negli anni lo stile muta come muta la società italiana (purtroppo in peggio) per cui ironia e sarcasmo, pur essendo sempre presenti, devono lasciare spazio a una drammatizzazione dei concetti definita da alcuni ‘politicizzazione’. Concetto peraltro ipocrita poiché ogni qual volta si parla della società in cui si vive si fa politica e quella peggiore deriva dal far finta di essere neutrali circa gli eventi narrati: è l’inizio di un percorso che conduce alla morte della democrazia. Nanni Moretti è un uomo che crede fermamente nei propri ideali (che sono antichi e diversi dalla ricerca del successo e del denaro a ogni costo) e che cerca di diffondere non solo attraverso l’attività di produttore, ma anche portando alla conoscenza del pubblico i film di autori ‘scomodi’ spesso ignorati dai normali circuiti distributivi. Tra i moltissimi premi conseguiti ricordiamo: 9 David di Donatello, 11 Nastri d’Argento, il Leone d’argento-Gran premio della giuria al Festival di Venezia per Sogni d’oro, l’Orso d’argento-Gran premio della giuria al Festival di Berlino per La Messa è finita e al Festival di Cannes il Prix de la mise en scèneper Caro diario e la Palma d’oro per La stanza del figlio.

Filmografia
Cortometraggi: La sconfitta (1973), Pâté des bourgeois (1973), Un autarchico a palazzo (1977), L’unico Paese al mondo (1994), Il giorno della prima di Close Up (1996), The Last Customer (2003), Il grido d’angoscia dell’uccello predatore (2003), L’ultimo campionato (2007), Chacun son cinéma (2007). Documentari e mediometraggi: Come parli frate (1974), La cosa (1990), Diario del caimano (2006), Santiago, Italia (2018). Lungometraggi: Io sono un autarchico (1976), Ecce Bombo (1978), Sogni d’oro 1981), Bianca (1984), La messa è finita (1985), Palombella rossa (1989), Caro diario (1993), Aprile (1998), La stanza del figlio (2001), Il caimano (2006), Habemus Papam (2011), Mia madre (2015).

Commento
11 settembre, un giorno scolpito nella memoria di tutti per il tragico attentato delle Torri Gemelle, molto meno per essere stato nel 1973 fatale per la democrazia cilena aprendo il funesto periodo della dittatura del Generale Pinochet. Santiago, Italia si apre con un prologo brillante (i ritmi sono quelli della commedia) in cui artigiani, operai, intellettuali, professori, giornalisti, scrittori… raccontano il grande sogno durato tre anni di una democrazia socialista (la prima eletta democraticamente in Sud America) ricca di idee, speranze, entusiasmo: un sogno che poteva aprire una stagione di cambiamento in Nazioni abituate più ai golpe che alle elezioni e al rispetto del loro esito. E, infatti, ben presto l’allegria si trasforma in tragedia e la speranza in disperazione: in quell’11 settembre 1973 quando i caccia di Pinochet bombardano La Moneda (la residenza presidenziale). Chi era giovane in quegli anni ricorda ancora con emozione l’ultimo messaggio radio pronunciato da Salvador Allende prima di suicidarsi. Il film di Moretti assume il ritmo del documentario con la voce del regista fuoricampo che pone domande agli stessi protagonisti del prologo che ora raccontano la violenza, la paura, le torture e la morte portate dal dittatore che ha trasformato un’alba di speranze in una notte di terrore durata 17 anni avendo usufruito della copertura di Kissinger che temendo una decrescita dell’influenza statunitense nel sud del continente (e relative conseguenze economico commerciali) si era adoperato per l’isolamento internazionale del governo Allende e della complicità degli industriali e del capitalismo cileno che avevano creato una crisi economica attuando una politica del malessere e della paura. E l’Italia cosa c’entra? Storicamente il nostro Paese non ha il peso per mutare il corso degli eventi internazionali, ma l’umanità che finora ha sempre caratterizzato il nostro popolo poteva in certa misura cercare di alleviare le sofferenze di molte persone. E l’ha fatto. La nostra Ambasciata a Santiago (come e più di altre europee) per quanto sorvegliata divenne un rifugio per centinaia di democratici che così sfuggirono a torture e morte e - grazie all’azione dei nostri diplomatici - riuscì a farli arrivare in Italia aiutandoli poi a ricostruirsi una vita. In quel 1973 Ministro degli Esteri era Aldo Moro le cui convinzioni democratiche non temevano nessuno, dalle capacità diplomatiche enormi e dalla religiosità (come del resto in tutta la classe politica democristiana) contenuta e sincera e non esibita nelle piazze a fini elettorali. Santiago,Italia però pone - tra i tanti - un altro motivo di riflessione: perché Nanni Moretti - i cui film sono sempre stati contemporanei alla società che esaminavano - ha costruito un documentario sul Cile 45 anni dopo gli eventi trattati? Il regista con la sensibilità politica che l’ha sempre caratterizzato facendogli anche prevedere situazioni che poi si sono - purtroppo - avverate ci vuol forse dire che la nostra democrazia sta correndo dei rischi e invitarci a uscire dal clima festaiolo, a svegliarci dai sogni e dal sonno e a reagire finché si può fare democraticamente a chi sta seminando incendi per poi presentarsi come pompiere? Con l’esempio della nostra Ambasciata a Santiago vuol ricordarci che meno di cinquant’anni fa il nostro Paese era un esempio internazionale di umanità e accoglienza e da laico dirci ciò che il Santo Padre ripete con ostinata fede (a volte purtroppo inascoltato anche da obsoleti Porporati che avevano chiuso entrambi gli occhi di fronte a gravi carenze della Chiesa e della società): per essere veramente cristiani non occorre esibirne i simboli, ma è fondamentale amare e aiutare i più deboli, gli emarginati, i poveri e chi è costretto  ad abbandonare casa, affetti e Paese per sfuggire a miseria, torture e morte come 45 anni fa è avvenuto con i perseguitati da Pinochet.

scheda tecnica a cura di Salvatore Longo

 



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