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Scheda critica del film:

  

Nostalgia della luce

(Nostalgia de la luz)

Il Regista
Patricio Guzmán è nato a Santiago del Cile l’11 Agosto 1941.
Dopo il Golpe che ha rovesciato il governo di Salvador Allende, é stato tenuto prigioniero allo Stadio Nazionale di Santiago e minacciato di morte. Ha abbandonato il Cile nel novembre del 1973. Da allora ha vissuto a Cuba, in Spagna e in Francia, dove risiede tuttora. Sei delle sue1 opere sono state premiate a Cannes: tra queste, figurano La battaglia del Cile, Il caso Pinochet, Salvador Allende, Nostalgia della luce e La memoria dell’acqua. Nostalgia della Luce ha anche vinto il Grand Prix EFA nel 2010. Guzmán è anche il fondatore del Festival del cinema documentario di Santiago. Nel 2013 è stato invitato a far parte dell’Academy di Hollywood. I film della sua sua trilogia sulla Battaglia del Cile sono considerati tra i migliori documentari mai girati.

NOTE DI REGIA

IL DESERTO DI ATACAMA
Il deserto è un immenso spazio fuori dal tempo, fatto di sabbia e vento. Una piccola parte di pianeta Marte che si trova sulla Terra. Tutto qui è immobile. Ciononostante, questa distesa è piena
di tracce misteriose. Qui si trovano villaggi vecchi duemila anni. I treni abbandonati sulle sabbie dai
minatori del 19esimo secolo non si muovono più. Qui si trovano gigantesche cupole che somigliano a navi spaziali dentro le quali vivono gli astronomi. Ovunque, ci sono delle ossa.
Quando scende la notte, la Via Lattea è così luminosa che le ossa proiettano ombre sul suolo

IL PRESENTE VISIBILE
Per un astronomo, il solo tempo che conta è il passato. La luce delle stelle impiega centinaia di migliaia di anni a raggiungerci. Ecco perché gli astronomi guardano sempre indietro. Verso il passato. Vale lo stesso per gli storici, gli archeologi, i geologi, i paleontologi e le donne che
cercano i loro cari defunti. Tutti hanno questa cosa in comune: osservano il passato per comprendere meglio il presente e il futuro. Posti di fronte all’incertezza dell’avvenire, solo il passato può venirci in aiuto.

LA MEMORIA INVISIBILE
La memoria – così come il calore della luce del sole – ci rassicura sul fatto che siamo vivi. L’essere umano non sarà mai privo di memoria – un oggetto senza palpitazioni – senza inizio e senza un avvenire. Dopo 18 anni di dittatura, il Cile ha conosciuto nuovamente la democrazia. Ma a quale prezzo…
 n molti hanno perso i propri amici, i propri parenti, le proprie case, le proprie scuole, le proprie università. E altri hanno perso la memoria, forse per sempre.
(Patricio Guzmán)

Emozione, non indignazione
Con un gioco di analogie mai meccanico, dove le immagini astrali e le notazioni archeologiche stemperano la tensione sulla ricerca dei corpi dei desaparecidos, il regista di La battaglia del Cile scorge nella memoria, nella registrazione analitica dell'accaduto, l'arma di difesa verso l'oblio e l'anima stessa del suo film.
Il senso della nostalgia, del "dolore del ritorno" definisce un'opera che vuole darsi come documentario, ma sempre nella sfera dell'emozione, non dell'indignazione a sé stante, ma dell'importanza della conoscenza, della restituzione della dignità dei nomi, dei corpi, anche fossero solo parti di essi. In Cile, da una parte c'è l'oblio, dall'altra la memoria, come afferma a chiare lettere la voce dello stesso regista, personificando i due antitetici concetti in Anita, malata di Alzheimer, e in Miguel, due anziani coniugi che si abbracciano su una panchina di spalle alla camera.
….Nell'intersecarsi del fervore politico e dell'interesse astronomico trova forse esaudimento il desiderio di una delle madri ancora alla ricerca dei resti del figlio quando, guardando in camera, afferma: "Vorrei che i telescopi si rivolgessero contro la Terra per scoprire cosa c'è sotto". Il suggestivo titolo è preso dal libro "Nostalgie de la lumiere: monts et merveilles de l'astrophysique" di Michel Cassé.
(Marco Chiani, Mymovies.it)

Poema visiva sul passato
Guardare il cielo, spazio d’intatta e inattaccabile purezza, a partire da un Osservatorio costruito su un cimitero rimosso. Primo capitolo di un dittico di folgorante bellezza, Nostalgia della luce ammalia innanzitutto per la giustezza e pertinenza dello sguardo che dispiega. Lungi dal presentare direttamente il nocciolo della questione (i prigionieri politici “scomparsi” negli anni della dittatura cilena), Guzmán parte dal cielo, dalle stelle, scrutate dall’Osservatorio del deserto di Acatama. Niente in apparenza di più estraneo, ossimorico e stridente: da un lato la nitidezza dell’arcata celeste, dall’altro l’arida superficie di una terra che ha inghiottito i corpi delle vittime della dittatura; da un lato i pianeti, dall’altro le ossa.
L’autore de La memoria dell’acqua non si accontenta di denunciare un evento del passato del suo paese. La sua ambizione è più grande: abbozzare un poema visivo sul passato partendo dal presente e guardando al futuro; proiettare nel cielo il ricordo dei morti della terra per eternizzarli e, letteralmente, universalizzarli. Per farlo sincronizza e “sintopizza” tempi e luoghi che si vorrebbero lontani e discontinui: il sopra e il sotto, l’alto e il basso, l’oltre e l’altro, il remoto e il prossimo. Mentre gli astronomi scrutano le luci dello spazio infinito, le madri scavano per cercare di far luce sulla scomparsa dei rispettivi figli.
Con somma delicatezza, Guzmán dispone gradualmente tutti gli elementi in gioco, slitta “naturalemente” dall’astronomia alla storia chiudendo il discorso con un’immagine-atto sublime: le madri dei desaparecidos all’interno dell’Osservatorio, il loro sguardo infine rivolto verso il cielo stellato e non più verso la terra. Il ricordo è anche lassù
Dalle parti del capolavoro.
(Manuel Billi spietati)

Poetica apologia
Con questa ricerca trasversale Guzman realizza una poetica apologia dell’essere umano e del nostro essere nel cosmo che è l’atto d’accusa più duro possibile nei confronti delle atrocità della dittatura e della bieca sordità delle istituzioni di fronte alle richieste dei parenti delle vittime e dei sopravvissuti.
(Giovanna Branca closeUp)

Profonda riflessione sulla memoria
C'è un regista capace di collegare nei suoi film l'acqua e le stelle, l'uomo e il cosmo, un bottone di madreperla e il genocidio di un popolo, il mistero dell'esistenza umana e gli orrori di un passato non ancora elaborato, le esperienze personali e la storia di una nazione, il particolare e l'universale. Suggestioni apparentemente assai distanti ma unite in realtà da legami misteriosi e segreti. Si chiama Patricio Guzmán (...) e riesce a coniugare documentario e poesia come nessun altro. (...) Il Cile e la sua storia, tra cielo e terra, corpi celesti e corpi umani fatti della stessa sostanza delle stelle, è al centro di 'Nostalgia della luce', girato in un luogo in cui il passato è più accessibile che altrove. Il documentario ci offre una profonda riflessione sulla memoria, una struggente indagine su una umanità che affonda le proprie radici non nelle viscere della terra, ma nel cielo, oltre la luce. (...) Le immagini dell'immensa bellezza e del mistero del cosmo si uniscono alle dolorose, ancora oggi scioccanti testimonianze dell'insensatezza umana, capace di violenze inaudite. Eppure è proprio l'osservazione delle stelle, così facile attraverso l'aria trasparente e sottile del Cile, a offrire un'altra dimensione al dolore e all'assenza, a svelare un disegno più grande del quale tutti noi siamo parte inconsapevole. Accostati all'immensità dell'universo i problemi dei cileni sarebbero niente, ma messi su un tavolo come biglie, sono paragonabili a una galassia."
(Alessandra De Luca, 'Avvenire',)

scheda tecnica a cura di Paolo Filauro

 



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