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Scheda critica del film:

  

Lady Macbeth

 

Il regista
Il film d'esordio di William Oldroyd, Lady Macbeth, è stato presentato al Toronto International Film Festival nel 2016 ed è stato premiato con l'European Discovery Prix FIPRESCI, al 30° European Film Awards di Berlino, 2017 e ha ricevuto riconoscimenti al British Indipendent Film Award del 2017.
Nel 2013 il suo cortometraggio Best ha vinto il Sundance London Short Film Competition prima della sua proiezione al Sundance Festival  2014.
In precedenza ha lavorato con film e video al college d'arte prima di diventare regista teatrale.
Come regista in residenza al Young Vic Theatre di Londra, ha messo in scena adattamenti contemporanei di classici europei come Spettri di Ibsen, Kean di Sartre a Tokyo, Aspettando Godot a Monaco e Shakespeare per il Royal Works Festival della Royal Shakespeare Company. Le sue produzioni d'opera includono Pergolesi in Portogallo e Donizetti per ETO a Sadler's Wells, Londra.

Il Gotico attuale
Ispirato ad un racconto del russo Nikolaj Leskov, "Una Lady Macbeth del distretto di Mcensk", modificato radicalmente nell'ultima parte e in alcuni presupposti, e ambientato nel nord dell'Inghilterra, il film di William Oldroyd è un debutto piuttosto impressionante, tanto per la forza del suo impianto visivo quanto per quella del carattere al centro del film.
Ritratto di una dark lady ingenua e perversa, Lady Macbeth ci presenta la giovane Katherine come una donna piena di vita e di sensualità, dolorosamente ignorata dall'uomo dal cui padre è stata comprata (scambiata, com'è consuetudine, per un terreno) e costretta a reprimere il proprio desiderio fino alla soglia della depressione. Sullo sfondo, splendido e ironico, di un maniero ottocentesco di sobria ed affascinante eleganza, fotografato come in una serie non interrotta di dipinti fiamminghi, nelle più suggestive condizioni di luce naturale e di candela, la vittima si trasforma in algida, spietata carnefice. La sua fame si fa ingordigia, la sua determinazione follia, la sua parola recitazione.
Florence Pugh, attrice britannica di cui non potremo non sentir parlare da questo lavoro in poi, sfrutta magnificamente l'occasione offertale dal ruolo e diventa tutt'uno con l'ambiente, restituendone l'apparente immobilità degli interni, il coraggio spregiudicato degli esterni ventosi, la glacialità degli spifferi, che si è fatta amica.(Marianna Cappi, mymovies.it)

Dark Lady anticonvenzionale
La notevole differenza che rende la storia di Katherine decisamente attuale è la sua ribellione a questo genere di convenzioni. Non accetta la sua sorte, ma combatte per prendere in mano il futuro, fino a diventare una vendicatrice spietata. Inizia una storia d’amore appassionata con un giovane operaio alle dipendenze del marito, decide che vuole vivere una vita all’insegna dell’indipendenza e per farlo non si ferma di fronte a niente e, soprattutto, nessuno. Oldroyd dimostra una maestria ammirevole nella composizione delle immagini, nel delineare il soffocamento che regna dentro quelle mura attraverso piccoli particolari, la minore o maggiore presenza di spazio libero intorno ai personaggi ripresi. Molto lontano da ogni possibile critica di teatralità, Lady Macbeth respira al ritmo della sua protagonista: ora trattenuto, ora accelerato, ma sempre imbrigliato in una sobria eleganza formale che rende spesso soffocante il film, tanto quanto la vita di Katherine.
Oldroyd si discosta dal testo originale aggiungendo interessanti elementi, come un ulteriore alterità razziale, oltre che sociale o di genere. Il senso dell’etica perde valore in una partita a scacchi spietata in cui conta solo il raggiungimento di un obiettivo immediato, ancora una volta rendendo le dinamiche fra i personaggi più simili alla convivenza di bestie feroci in un ambiente circoscritto. In questo contesto lo spettatore è sollecitato nei suoi istinti morali, messo alla prova da una eccellente giovane interprete, Florence Pugh. Rende così bene il suo passaggio da giovane ragazza innocente a mostro manipolatore da farci sperare che ce la faccia, per quanto inumane siano le sue azioni.
(Mauro Donzelli, comingsoon.it)

 

Oltre il teatro elisabettiano
Adattamento di Lady Macbeth del distretto di Mcensk di Nikolaj Leskov, il film si rivela fedele alla sceneggiatura teatrale russa (pur trasferendo l'ambientazione nella campagna bretone), ma al contempo riesce a rimanere straordinariamente in tema anche con l’originale Lady Macbeth di penna inglese.
Katherine Lester (impersonata da Florence Pugh), infatti, è donna fredda, egoista, arrivista e crudele per eccellenza. La giovane sposa di Mr. Lester presentata, nel primo spaccato di narrazione, come annoiatissima e considerata da tutti alla stregua del mobilio (nessuno le parla e non deve far altro che eseguire gli ordini del marito), ben presto svela il suo terribile temperamento, tutt'altro che docile. Chiave che apre lo scrigno di Pandora è l'avvio di una relazione con lo stalliere: la donna annoiata e rinchiusa, la vittima di un marito impotente e disattento, trova nella passione travolgente e nel piacere carnale la propria libertà.
Una libertà malata, che fa di lei a sua volta una malattia («a desease», la definisce l'amante), e una carnefice. Si innesca nel racconto così una spirale discendente di omicidi, di bugie, di fredde coperture, che porteranno la protagonista a scagliarsi, in difesa di se stessa, anche contro l'uomo per cui tutto era stato compiuto: Katherine Lester sceglierà, egoisticamente, sé, prima di chiunque, anche prima dell'amore e delle sue promesse.
Falsa e marcia, come rivela l'abbraccio, visivamente accostato al cavallo in decomposizione, questa Lady Macbeth rivisitata perde i pochi tratti umani del personaggio shakespeariano: niente più rimorso, nessun inconscio senso di colpa che, nella notte, faccia sfregare le mani nel tentativo di lavar via il sangue degli innocenti morti. Solo e soltanto un gelo spietato. Più impulsiva, ancora una volta rispetto alla versione del teatro elisabettiano, Katherine è poi anche meno “mente che muove pedine”: smacchia in prima persona, agisce, uccide con le proprie mani, non dipende dal prossimo neppure nel male.
Eppure, mentre il suo abito – con una scelta stilistica mirabile – si scurisce sempre più nei toni, quasi fosse una rivisitazione del quadro di Dorian Gray, non c'è per lei alcuna redenzione. È una Lady Macbeth che non può trovare nella follia una via di fuga dalle proprie colpe e dai propri reati (e peccati), è fredda crudeltà senza via di scampo. È una perfetta, potenziata, Lady Macbeth shakespeariana. (Katia Dell’Eva, “Cineforum”, 14 giugno 2017)

Un conflitto tra i sessi problematico e disturbante
L'opera prima di Oldroyd, che proprio nel porre l'accento sulla crudeltà di Katherine si allontana nell'epilogo dal racconto di Leskov (non specifichiamo in che modo per evitare di rovinarvi la sorpresa della visione), non è in alcun modo classificabile come un tradizionale racconto femminista, ma piuttosto si rivela una problematica e disturbante rappresentazione di un conflitto tra i sessi in cui nessun personaggio può vantare una condotta anche solo minimamente condivisibile dal punto di vista etico-morale. Per quanto sul piano drammaturgico non sempre giochi efficacemente con il non detto, l'evoluzione psicologica della protagonista in alcuni passaggi chiave non sia adeguatamente approfondita e, di conseguenza, la complessiva ambiguità di fondo possa legittimamente lasciare perplessi, Lady Macbeth è senz'altro un lavoro elegante, affascinante e originale, che per di più si avvale della notevole interpretazione della ventunenne attrice britannica Florence Pugh. In ogni caso, al di là di come si consideri l'ultima mezz'ora del film, davvero niente male per un'opera prima.(Luca Ottocento, movieplayer.it)

scheda tecnica a cura di Mathias Balbi
 



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