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Scheda critica del film:

  

Indivisibili

 

Il Regista

Nato a Napoli il 31 agosto 1978, è regista e sceneggiatore diplomato presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Durante gli anni del Centro Sperimentale, firma numerosi cortometraggi e documentari: con il suo saggio di diploma “Mistero e Passione di Gino Pacino” conquista la stima di Emir Kusturica che lo definisce un “talento visionario” e gli fa da executive producer per il suo lungometraggio d'esordio, Mozzarella Stories (2011). Nel 2014 presenta a Venezia Perez, con Luca Zingaretti (Globo d’oro Miglior attore), Marco D’Amore e Simona Tabasco (premiata col Premio Biraghi ai Nastri d’Argento). Nel 2016 firma l'episodio Magnifico Shock del film in tre episodi Vieni a vivere a Napoli e poi realizza Indivisibili, premiato con il premio Pasinetti alla Mostra del cinema di Venezia, e poi con 6 David di Donatello e 5 Nastri d’argento. Attualmente sta girando il film Il vizio della speranza.

Note di regia
“Questo è un film sulla separazione e sul dolore che comporta. Ho ragionato sull’idea che a volte, per crescere, bisogna farsi del male, rinunciare ad un pezzo di sé stessi. Ho cercato un’immagine che rappresentasse al meglio questo concetto e l’ho trovata: due gemelle siamesi appena maggiorenni che scoprono di potersi dividere. Due ragazze attaccate per il bacino che, guardate singolarmente, dovevano essere belle per permettermi di realizzare quell’equilibrio tra attrazione e repulsione che è la linea guida estetica di ogni inquadratura che compongo. Io vedo il mondo così: sempre in bilico tra la bellezza e la bruttezza. La frequentazione assidua di questo bilico mi ha portato ancora una volta a Castelvolturno. C’ero già stato, è vero, infatti questo film comincia dove finiva il precedente, sulla riva destra del Volturno. Quel territorio è un simulacro straziato di una bellezza passata, materiale perfetto per costruire la gabbia dalla quale i miei uccellini vogliono disperatamente scappare. Il loro sogno è la normalità: un gelato, viaggiare, ballare, bere vino senza temere che l’altra si ubriachi… fare l’amore. “Perché sono femmina”. Per raccontare questa storia ho voluto riprese sempre un po’ fuori tempo, come la vita.”
(Indivisibili, pressbook del film)

 

La critica
“Essere unite 'per sempre' è, per Viola e Dasy, una condizione che è stata loro descritta come ineluttabile. Ma non è così e quando si scopre che un intervento chirurgico è possibile per loro il futuro assume connotazioni non solo impensate ma anche fino ad allora impensabili. Potrebbero lasciarsi alle spalle lo sfruttamento che un padre rapace e una madre imbelle fanno dei loro corpi. Potrebbero anche mettere in condizione di non nuocere alle anime un prete che fa leva su superstizioni ataviche nonché un sedicente produttore discografico interessato più al loro essere freak e quindi sessualmente diverse che non alle loro voci. È una storia d'amore sororale quella che ci viene proposta, un amore in cui una delle due chiede di poter respirare autonomamente l'ossigeno della vita trovando un ostacolo nell'altra ma è anche qualcosa di più e di diverso, andando forse al di là delle stesse intenzioni del regista. Perché finisce con il parlarci di una terra e di un popolo che faticosamente (e pagando costi elevati) cerca, nonostante tutto, di mostrare a se stesso e agli altri di poter trovare la forza per dividere, per separare la propria immagine da quella del malaffare e della criminalità, camorristica e non”.
 (Giancarlo Zappoli, in www.mymovies.it)

“Per Edoardo De Angelis − che ha flirtato con il grottesco e il surreale e si è inoltrato negli oscuri, iconici e fin troppo battuti territori del cinema noir − i generi sono come la cassetta degli attrezzi: sono un serbatoio in cui pescare per raccontare un sentimento, uno stato d’animo. Nel caso di Indivisibili− che non è né The Elephant Man né una versione riveduta, corretta e italianizzata di American Horror Story: Freak Show con Angela e Marianna Fontana al posto di Sarah Paulson − più che una pulsione emotiva, il motore ed elemento propulsore della storia è una separazione, una lacerazione: fra due corpi, ma anche fra due anime, fra il bambino e l’adulto (perché è di crescita che si parla), fra l’indipendenza economica e decisionale e il legame viscerale con la famiglia. Ora, ‘viscerale’ è proprio uno degli aggettivi che meglio descrivono l’opera terza di un regista che già ai tempi di Mozzarella Storiesci aveva folgorato per la sua cura per le immagini, perché qui è come se l’autore di Perez fosse entrato, più che nel cuore, direttamente nella pancia e nei fianchi innaturalmente incollati di Viola e Dasy (e non Daisy), giovani madonne di Castel Volturno un po’ fenomeni da baraccone e un po’ sante di cui ha radiografato addirittura il
respiro. Affidandosi certo anche al talento delle pressoché sconosciute protagoniste, De Angelis ha raccontato, quasi ‘alla Cronenberg-maniera’ e benissimo, il legame gemellare, simbiosi incomprensibile per chi non la vive e perciò difficilmente narrabile. In più lo ha ammantato di una dolcezza infinita, che poi è la dolcezza del femminile, o meglio di una femminilità che esce allo scoperto e che acquista la consapevolezza di possedere sensualità, forza di volontà e bellezza”.
(Carola Proto, in www.comingsoon.it)

Il film di De Angelis promette molto perché, oltre alla seducente materia da gestire, imbastisce un primo terzo che si muove con giusta affabulazione audiovisiva  nell'hinterland abitato da uno squallore che si riversa in un fosco e losco  universo familiare e sociale. Dal primo distaccamento dalla casa, con la peregrinazione delle ragazze alla ricerca del denaro necessario per l'operazione, ha inizio una nuova fase della pellicola meno felice nella sua drammaturgia alla continua ricerca di uno sviluppo e una chiusura del cerchio. Le intermittenze fanno dunque emergere alcune riserve che si possono concentrare in alcuni punti: dialoghi e motti per immaginari cult (si veda già il "Come Baby Light My Fire" di incitazione del padre), eccessi grotteschi non pienamente tenuti a freno (il teatrino freak della barca), i diversi finali che conducono, forse, ad una chiusura meno potente del previsto.  Dove il gusto del melodramma nero non riesce ad evitare del tutto i rischi dell'eccesso e della ridondanza.
Ma anche nei momenti di incertezza o maniera "Indivisibili" riesce a destare attenzione grazie alle figure centrali che mette in scena: se quelli di Dasy e Viola sono personaggi di indubbia riuscita le cui umanizzazioni toccano e superano puntualmente le barriere di bizzarrie grottesche, le interpretazioni delle gemelle Angela e Marianna Fontana risultano essere l'asso nella manica di un film comunque da vedere. Dalle esibizioni canore alla ribellione del contesto familiare, dalla violenza insita della storia alla ricerca dell'intima dignità umana, le attrici esordienti restituiscono due personaggi da ricordare con interpretazioni di mirabile forza comunicativa.
(Diego Capuano, onda cinema)

scheda tecnica a cura di Guido Levi

 



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