Home
  • Le informazioni
  • Il Programma
  • Scriveteci

 


Scheda critica del film:

  

Dawson City. Il tempo tra i ghiacci

(Dawson City. Frozen Time)

 

 

Il Regista

Bill Morrison (Chicago, 1965) è un filmmaker e artista internazionalmente riconosciuto. I suoi film spesso uniscono rari materiali d'archivio e musica contemporanea, e sono stati proiettati in cinema, festival, musei e gallerie di tutto il mondo. Formatosi come pittore, ha poi sviluppato un profondo interesse per il cinema, in particolare per la pellicola. Ha collaborato con alcuni dei più influenti compositori contemporanei, tra i quali Philip Glass, Gavin Bryars, Steve Reich, Bill Frisell, Jóhann Jóhannsson, Kronos Quartet, Erik Friedlander, Bang On a Can.
Nel 2013, il suo film Decasia (2002), realizzato in collaborazione con il compositore Michael Gordon, è stato scelto dalla Library of Congress come film degno di essere preservato per il suo alto valore culturale, storico ed estetico. Ed è il film più recente tra quelli selezionati.

La storia viene raccontata usando i film della collezione. È un cinema del mito e al  ontempo cinema che si fa mito
(Bill Morrison)

Tre film in uno
Ci sono almeno tre film diversi dentro Dawson City: Frozen Time. Tre storie che hanno tutte a che fare con il cinema e che del cinema sono a loro modo declinazioni, espressioni, riflessi. Il documentario di Morrison – che potrebbe essere riscritto e ricostruito in innumerevoli modi, perfino come una trilogia o come un film dell'orrore – è una storia di fantasmi, di morti che tornano in vita ed è un viaggio nella memoria di un tempo perduto di cui il cinema è vero e proprio medium. Inteso nel senso esoterico di qualcosa che è in grado di resuscitare i defunti.
Lo spunto da cui parte Dawson City è il ritrovamento, avvenuto sul finire degli anni Settanta, di una innumerevole quantità di pellicole cinematografiche sepolte in una vecchia piscina (interrata) nella città di Dawson, regione dello Yukon, estremo nord del Canada. Queste pellicole, risalenti agli anni Dieci e Venti, erano state inviate dai distributori per essere proiettate al cinema della città….
Il film si sofferma a lungo sull'esplosione demografica della città e sulla Gold Rush, inserendo numerose didascalie e utilizzando spezzoni delle pellicole recuperate nella piscina (che portano i segni del tempo e sono offuscate da una sorta di fumo bianco) e decine di splendide fotografie d'epoca. Come detto questa parte potrebbe essere un film a sé stante, la storia di una città che è anche la storia di un secolo nuovo fatto di sconvolgimenti e rivoluzioni che proprio da lì hanno in qualche modo origine. Ma il terzo film che sta dentro Dawson City è certamente il più suggestivo. Le pellicole sotterrate infatti, per via del nitrato di cellulosa del quale erano fatte, erano estremamente infiammabili e diedero origine, durante gli anni in cui furono stipate nei magazzini della città, a numerosi e dannosissimi incendi che contribuirono a semidistruggere Dawson. Questa natura esiziale della pellicola, generatrice di una vera e propria "cinefobia", è messa in risalto nel film come una sorta di potere medianico, capace di sopravvivere alla morte e di dare vita ai fantasmi. Dentro le immagini dei film recuperati a Dawson stanno non solo la memoria e la traccia del cinema muto, ma la vera essenza magica e spirituale della settima arte. Che è nata nello stesso anno della corsa all'oro e in fondo un po' nello stesso modo: come una scommessa, un gioco, un'ossessione della quale ci sia ammala.
(Lorenzo RossiCineforum )

Film-saggio
Se da un lato Dawson City si rifà alla tradizione del film-saggio, con lo zoom sulle fotografie d’epoca che rimandano alla Jetée e all’essenza del cinema in quanto susseguirsi di fotogrammi, dall’altro aderisce a questa tradizione con un intento più documentaristico, dunque didascalico e divulgativo, nella misura in sono citati molti film e registi d’epoca.
Le pellicole rovinate dall’acqua, nelle quali l’immagine è circondata da una schiuma bianca, sfociano poi, a volte, nella video-arte, con la schiuma stessa o il bordo che invadono il campo e fanno emergere un dettaglio, un occhio, un oggetto... L’effetto del tempo diviene così un valore aggiunto al senso del tempo nel film,
Rispetto alla leziosità di Spira MirabilisDawson City rimanda a una dimensione primitiva dell’essere. Come se fosse un frammento di filosofia presocratica. L’acqua è il fiume che scorre, conserva e distrugge alla stessa maniera del fuoco, che ha permesso la nascita del cinema (le prime pellicole erano infatti di nitrato altamente infiammabile), ma anche, per le stesse ragioni, la sua distruzione.
(Giada Biaggi, “Cineforum”)

 

Racconto incredibile
Immaginatevi un racconto incredibile dove storia e immaginario, memoria e sogno si fondono per raccontare in maniera ipnotica gli Stati Uniti e il capitalismo di fine ottocento e inizio novecento, partendo tra l’altro da una delle più remote regioni del Nordamerica, lo Yukon, in Canada, all’epoca della mitica corsa all’oro.
Una storia di memoria ritrovata e con essa di speranze, sogni e dolori di una marea di esseri umani. È quanto è riuscito a fare Bill Morrison con il suo documentario Dawson City. Il tempo tra i ghiacci, realizzando un’opera storica quanto onirica
(Francesco Boille, Internazionale)

Film inventivo e arguto
Noto per il poema sinfonico dedicato ai film nitrato Decasia (2002), Bill Morrison torna al cinema per comporre una spensierata ballata sulla corsa all'oro fatta di cinegiornali, melodrammi, commedie e attualità mute. Nella sua analisi Morrison mette in parallelo il cinema dei primi tempi con gli insediamenti bianchi nell'ultima frontiera selvaggia del Nord America, gli scavi archeologici degli storici del cinema con quelli dei cercatori d'oro. Il suo è uno sguardo complesso e olistico sulla storia del Nord America, dagli incontri dei coloni con le popolazioni autoctone, i cui accampamenti per la pesca diventarono il luogo di fondazione di Dawson City, al crollo del capitalismo negli anni della Depressione, con le sue conseguenze devastanti […].Il film di Morrison offre inoltre un punto di vista originale su come la nostra comprensione della storia venga influenzata dai media che la documentano, e rivela che l'effetto Ken Burns [lo zoom all'interno di un'immagine fissa] venne ideato quando i filmmaker canadesi Colin Low e Wolf Koenig scoprirono e utilizzarono le fotografie di Dawson City di Eric A. Hegg.
[…] Inventivo e arguto, Dawson City stimola sia la riflessione sia l'immaginazione con la sua rievocazione critica di quel mito della frontiera conosciuto attraverso innumerevoli (false) rappresentazioni hollywoodiane.
(Sophie Mayer , “Sight and Sound”)

scheda tecnica a cura di Paolo Filauro

 



© 2017 2018 Cineforum Genovese