Il condominio dei cuori infranti

(Asphalte)

 

Regia: Samuel Benchetrit
Sceneggiatura: Samuel Benchetrit
Fotografia: Pierre Aïm
Montaggio: Thomas Fernandez

Interpreti: Valeria Bruni Tedeschi, Tassadit Mandi, Michael Pitt, Jules Benchetrit, Isabelle Huppert, Gustave de Kervern

Produzione: Single Man, Maje Productions, La Caméra Deluxe
Distribuzione: Cinema
Origine: Francia, 2016,

Durata:  100'

Il film

L'ascensore di un condominio si blocca continuamente. Questo problema e una serie di eventi imprevisti hanno un forte impatto su alcuni degli abitanti dell'edificio: l'impacciato signor Sternkowitz, residente al primo piano che si rifiuta di contribuire economicamente all'installazione del nuovo ascensore, Charly, un adolescente che fa la conoscenza di Jeanne, un'attrice degli anni ottanta appena trasferitasi di fronte al suo appartamento, e la signora Hamida, un'amorevole madre algerina con il figlio in carcere.

Il Regista

Regista di cinema e teatro, attore, sceneggiatore e scrittore, Samuel Benchetrit è nato il 26 giugno 1973 , a Champigny-sur-Marne, Francia.  Un artista di talento che colleziona opere di successo. Inizia a realizzare cortometraggi da autodidatta. Nel 2000, con Nouvelle de la tour L, si aggiudica il Premio del Pubblico al Festival International du Film d'Amiens. Lo stesso anno porta in scena Poème à Lou di Guillaume Apollinaire con Jean-Louis Trintignant che, l'anno successivo, reciterà in Comédie sur un quai de gare, opera scritta dallo stesso Benchetrit e selezionata per il Molière per il Miglior Autore Francofono nel 2001.
Dopo questa prima prova più che soddisfacente, nel 2003 gira Janis et John, il suo lungometraggio d'esordio; quindi, nel 2005, firma la tragicommedia Moins Deux. Samuel Benchetrit è inoltre autore di "Cronache dell'asfalto", autobiografia in cinque volumi - di cui ha scritto i primi tre tomi nel 2004, nel 2005 e nel 2010 -, adattata per il grande schermo con il titolo Il condominio dei cuori infranti.
È stato legato a Marie Trintignant, dalla quale ha avuto un figlio, Jules, anche lui attore. Nel 2007 inoltre ha avuto un figlio, Saül, dall'attrice Anna Mouglalis.

Spunti per una roflessione

Nonostante il titolo italiano faccia temere un’altra innocua e inconsistente commedia sentimentale, Il condominio dei cuori infranti, vale a dire Asphalte, è una sorpresa molto gradita, un vento piacevolmente rinfrescante, un film che lascia una ambigua sensazione di male e bene mescolati insieme.
Tratto da due racconti dell’autobiografia in tre tomi del regista escrittore Samuel BenchetritChroniques de l’asphalte, il film narra la storia di tre solitudini, tre cadute, tre incontri e tre risalite. Stagliata su cieli bianchi, neri, o grigio cenere, sta una periferia francese inedita allo schermo cinematografico odierno, un paesaggio di una desolazione quasi western, dove si parla poco e si comunica a gesti.
(Elisa Baldini, Cineforum)

Il film procede per ‘vignette’ nelle quali i personaggi interagiscono fra loro nei modi più inconsueti e improbabili, quasi come in un film di Roy Andersson. Ogni persona che il regista mette sullo schermo è incompleta, parziale, semi-nascosta nelle tenebre, di certi personaggi, come per esempio l’infermiera, non viene nemmeno rivelato il nome, come nei film espressionisti di più pregevole fattura. Prendiamo il giovane liceale; all’inizio del film raccoglie delle monete dal tavolo, appoggiate sopra un biglietto che recita: “per il pranzo” e, forse, lasciategli da una madre che non apparirà mai per il tutto il film, oppure, l’uomo in sedia a rotelle, il quale non lavora di giorno e non dorme la notte, lasciandoci col dubbio di quale professione svolga e di come riesca a mantenersi. L’attrice, infine, fa vedere al giovane qualche suo film in bianco e nero come La ragazza senza braccia che per stile ricorda un film da Nouvelle Vague, ma poi altro non sappiamo, essa accenna ad un uomo, forse suo marito o amante, nello stesso modo in cui il liceale accenna alla morte dei genitori, scherzandoci sopra. Potremmo definirla una commedia esistenzialista, nella misura in cui, secondo la corrente filosofica che annoverava fra gli altri Moravia e Sartre, l’uomo moderno non è in grado di rapportarsi con la realtà e dunque tenta di trovarla attraverso dei ‘filtri’; le fotografie per il signore in carrozzella e le vecchie pellicole girate per Isabelle Huppert, oppure il cous cous che lasignora cerca di propinare a Michael Pitt, il quale, per esempio, nonostante sia astronauta, ovvero un uomo che riesce a rapportarsi con le tecnologie più avanzate della terra, non è in grado di riparare il lavandino di Madame Hamida.
Se cercate una commedia nuova, divertente, malinconica, originale e ben scritta Asphalte è il film che fa per voi. Le idee funzionano, la messa in scena pure. La pellicola è quasi un incontro fra un film di Jim Jarmusch, per la sua natura esistenzialista e uno di Roy Andersson, in quanto riprende un po’ la comicità malinconica e surreale del regista di Songs from the second Floor.
Nel corso del film, infine, si sentirà uno strano rumore agghiacciante, che ogni personaggio interpreterà a suo modo, ognuno interpretandolo secondo la propria condizione esistenziale e, sarà per lo spettatore il momento più bello del film quando si verrà a scoprire la provenienza di quel suono.
L’unica cosa che lascia a desiderare è la scelta, ingiustificabile, del regista, di adottare il formato in 4:3 anziché il classico formato cinematografico in 16:9. In Mommy, per citarne uno, aveva senso, nel film di Benchetrit no.
Asphalte non è Il condominio dei cuori infranti, che lo spettatore non si lasci ingannare!
(Giorgio Catalani, anonimacinefili.it)

l condominio dei cuori infranti riesce, nei suoi momenti migliori, a restituire questo senso di straniamento e di solitudine quasi palpabile: lo fa cercando di distanziarsi il più possibile da una certa commedia francese d’esportazione (alla Quasi amici, per capirci) e avvicinandosi, come accennato, all’umorismo laconico e quasi surreale di autori nordici come Kaurismäki. Da questo punto di vista è emblematica la sequenza che apre il film – la riunione di condominio e la conseguente “disavventura” della cyclette e dell’ascensore. Ad aumentare la sensazione di spaesamento generale contribuiscono la fotografia fredda con il grigio e le sua variazioni come tono dominante e l’utilizzo degli spazi stretti e quasi claustrofobici degli ambienti condominiali, così come essenziale è l’attenzione che si dà all’essenza più drammatica e malinconica delle vicende.
Allo stesso tempo è evidente la volontà di non staccarsi completamente dalle esigenze più commerciali, cosa che impedisce di andare fino in fondo alle atmosfere più surreali. Ne esce così un film nel complesso riuscito e comunque emozionante (e divertente, anche se sono risate a denti un po’ stretti), ma anche un po’ incompiuto, non del tutto davvero risolto. E’ vero che il sentimentalismo troppo esplicito viene evitato, ma è anche vero che questa incompiutezza si evidenzia nella seconda parte, quando, dopo una prima metà a tratti fulminante, l’opera tende ad accartocciarsi troppo spesso, non trovando il giusto impatto per i tre finali, tutti in qualche modo prevedibili (Edoardo Peree poco efficaci.
(Edoardo Peretti, cinemaerrante.com)

Adattando per lo schermo il suo romanzo Chroniques de l'asphalte, il regista-scrittore Samuel Benchetrit confeziona ne Il condominio dei cuori infranti (azzeccato - per una volta! - titolo italiano del troppo lapidario Asphalte originale) un racconto corale di solitudini urbane. Non particolarmente originale né stilisticamente né tematicamente, il film è però così preciso nei tempi e negli intenti, sottile nell'evocazione delle emozioni, perfettamente equilibrato fra ironia surreale, mestizia esistenziale e candido calore da riuscire a brillare (e non poco) di luce propria.
Nelle stanze e per le scale di un condominio sgarrupato, grigio in una qualsiasi periferia dismessa, Benchetrit orchestra gli incontri, due a due, di sei anima diversamente solitarie. Le incastra in un formato 4:3, quello triste e squadrato delle vecchie tv o dei monitor dei computer - scelta espressionistica condivisibile, senza furori teorici (l'indimenticabile 11:8 de Il figlio di Saul) ma neppure gratuità (l'irritante 1:1 di Mommy). L'invalido solitario che si innamora dell'infermiera triste (Gustave Kervern e Valeria Bruni Tedeschi), l'adolescente dimenticato che fa amicizia con l'attrice in crisi (Jules Benchetrit e Isabelle Huppert), l'immigrata araba che accoglie l'astronauta perso nello spazio (Tassadit Mandi e Michael Pitt) - piccole tristezze e quotidiane solitudini, tratteggiate con levità e assieme precisione. Colpisce una sceneggiatura essenziale che non si addentra in verbosi dettagli sulle specificità di ciascuna malinconia, ma è sufficientemente decisa da sapere caratterizzare i personaggi con una manciata di dettagli ben assestati. Questo gusto per il fondamentale permette a Benchetrit di navigare sicuro nel territorio spesso incidendato della surrealtà, senza sbandare né stonare (in accordo melodico con il bel motivo musicale ricorrente, pochi accordi di pianoforte composti dal musicista francese Raphael). E così anche il segmento potenzialmente più pericoloso, quello della signora immigrata alle prese con l'astronauta abbandonato dalla NASA, diventa un siparietto di fenomenale commedia umana, fra spassose gag linguistiche e momenti di clash interculturale, per ribadire l'universalità del sentimento, della compassione.
Un film che non mira a ridisegnare i generi e che qualcuno ha pure definito 'buonista'. Ma Benchetrit lo sa ed è proprio quello che vuole. Affastella così uno, due, tre lieti fine. Si esce dalla sala con il cuore pieno e un sorriso. E al cinema questo non è mai davvero poco.
(Eddie Bertozzi, spietati.it)



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