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Scheda critica del film:

  

Lady Bird

 

Greta Celeste Gerwig
Nativa di Sacramento in California ( 4 agosto 1983) e figlia di Christine, un'infermiera, e Gordon Gerwig, un consulente finanziario, ha origini tedesche. Ha effettuato gli studi presso il Barnard College a New York, dove ha studiato letteratura inglese e filosofia. Intenzionata a diventare commediografa, durante gli anni al Barnard ha scritto varie commedie e ha cofondato un gruppo di improvvisazione chiamato: The Tea Party Ensemble.
Nel 2006 ottiene un piccolo ruolo nel film indipendente” LOL “di Joe Swanberg e viene introdotta dal regista nel movimento cinematografico indipendente noto come Mumblecore. Con Swanberg collabora alla sceneggiatura di” Hannah Takes the Stairs “(2007) e co-sceneggia e co-dirige “Nights and Weekends “(2008). Nel 2010 recita nel film di Noah Baumbach “Lo stravagante mondo di Greenberg”, per la cui interpretazione ottiene una candidatura come miglior attrice protagonista agli Independent Spirit Awards 2011.
Nel 2011 si affaccia al cinema mainstream, recitando nelle commedie” Amici, amanti e…", e “Arturo”. Nel 2012 lavora per Woody Allen in “To Rome with Love” e recita come protagonista nella pellicola “Frances Ha” , che le vale la sua prima candidatura ai Golden Globe.
Nel 2017 esordisce come regista con “Lady Bird”. La pellicola ottiene diversi riconoscimenti tra cui cinque candidature al Premio Oscar, compresa quella alla miglior regista e alla migliore sceneggiatura originale ottenuta dalla Gerwig, quattro candidature ai Golden Globe (vincendone due), tre ai BAFTA e tre agli Screen Actors Guild Award.

Dal pressbook
Sono cresciuta a Sacramento e amo Sacramento, per cui la spinta iniziale a fare questo film è stato il desiderio di scrivere una lettera d’amore ad un luogo che sono riuscita a mettere a fuoco solo dopo essermene andata. E’ difficile rendersi conto della profondità del proprio amore quando hai sedici anni e sei piuttosto sicura che la “vita” sia altrove.
Nessuno degli eventi del film è successo veramente, c’è però un fondo di verità che è legato a una sensazione di casa, di infanzia e di partenza.

Seguire le passioni ed incontrare le delusioni per riconciliarsi con sé stessi
Sotto le mentite spoglie del racconto di formazione di area indie, Greta Gerwig, confeziona un'opera generazionale e universale, capace di comunicare al di là delle barriere culturali.
…Lady Bird è una ragazza difficile che a Sacramento - il "Midwest della California" - si sente prigioniera. Obbligata a frequentare una scuola cattolica, a coltivare amicizie poco soddisfacenti, a veder sfuggire di fronte a sé la possibilità di partecipare alla verve culturale della lontana East Coast.
'Lady Bird' sembra prevedere tutti i passaggi narrativi obbligati del coming of age contemporaneo, ma ognuno di questi presenta una particolarità che lo rende irriducibile all'omologazione. Gli stereotipi sono spesso ribaltati e non si avverte mai l'ombra di retorica né di sentimentalismi consolatori…Gerwig racconta la propria adolescenza con una scarna e schietta prosa carveriana, senza edulcorare nulla, dando solo l'impressione di mantenere gli episodi più divertenti o drammatici.
L'influenza del cinema di Solondz e Baumbach permea l'intera opera, ma Gerwig, pur consapevole di quale sia il lessico del coming of age indie, ne fornisce una versione nuova e dissacrante, e non solo per il punto di vista femminile. New York, ad esempio, terra promessa della realizzazione intellettuale, si dimostra soprattutto un luogo abitato da soggetti così preoccupati di risultare cool da divenire più vuoti e impersonali dei ragazzi di provincia. Seguire le proprie passioni, e incontrare le proprie delusioni, può portare così a una paradossale riconciliazione con la propria identità rifiutata, con quelle radici che si ignorava di amare. Molto più di un semplice racconto di formazione, con almeno due interpretazioni magistrali. Accanto alla Ronan c'è Laurie Metcalf, nel ruolo che da decenni merita: una madre amorevole e impossibile, con cui Lady Bird sviluppa un realistico e contraddittorio rapporto di amore-odio.
(Emanuele Sacchi - www.mymovies.it).

Attenzione
Lady Bird è un film …sull’attenzione.
Attenzione per chi si è, oltre che per chi si vorrebbe essere; attenzione per chi ci sta intorno oltre che per se stessi; attenzione ai modi oltre che alla sostanza, al percorso oltre che agli obiettivi, alla formazione oltre che alla destinazione.
C’è una scena, verso due terzi del film, in cui Lady Bird, la protagonista del film, sta seduta di fronte alla madre superiora a capo della scuola cattolica che frequenta; la macchina da presa inquadra le due donne sedute ai due lati di una scrivania, prima in campo e contro campo poi frontalmente, si ferma e sta su di loro. Nel saggio di presentazione per il college, la ragazza ha parlato di quella che sembra essere la causa di tutto il suo malessere: la città di Sacramento, prigione provinciale e inadeguata da cui non resta soluzione se non la fuga, verso la East Coast, naturalmente, verso New York. È uno scritto accurato, le fa notare la suora (una donna empatica e intelligente), il che presuppone amore, in qualche modo. «I guess I pay attention», le risponde Lady Bird quasi buttando via le parole che dice. Eppure è una rivelazione.
Divagando (senza nessuna legittimità linguistica). In italiano l’attenzione è qualcosa che si presta, che si concede a patto di averne qualcosa in cambio, come a dire che l’oggetto si deve meritare la considerazione del soggetto; in inglese invece l’attenzione è qualcosa che si paga, come a dire che il valore dell’oggetto si monetizza nel momento stesso in cui si considera un soggetto che lo interpreta come un bene con un valore “di mercato”.
In tutto il film, d’altra parte, il denaro e il valore di mercato che assume la vita di ogni persona a seconda della città dove vive, del lavoro che fa, della scuola che ha frequentato, della casa che abita, della famiglia cui appartiene, del college al quale andrà, assumono un ruolo fondamentale. Un ruolo che è economico e al contempo identitario, perché è quasi impossibile scindere le due dimensioni. Questo rappresenta la dialettica tra Sacramento e New York; qui si collocano l’ossessione della madre per il risparmio, la depressione del padre per aver perso il lavoro, la scuola cattolica scelta con sacrificio per evitare la pericolosità di quella pubblica e pure l’aspirazione a un buon college.
Attraverso il denaro passa il riscatto – identitario e per forza economico - agognato da Christine in cerca spasmodica di autodeterminazione, a cominciare proprio da quel nome, Lady Bird. Attraverso il denaro può realizzare il suo rifiuto e trovare chi è e vivere dove vuole. Per questo quando se ne rende conto, quando ha vinto la sua battaglia di adolescente passando all’età adulta nel modo in cui voleva, torna a farsi chiamare Christine e entra in una chiesa. Non certo perché abbia bisogna del conforto della fede ma perché ha bisogno di qualcosa, che in quella città sconosciuta dove tanto ha voluto essere, che in quella nuova vita che tanto ha aspettato, suoni familiare e le restituisca il valore di quello che ogni rifiuto restituisce: la propria identità ma anche le proprie radici.
(Chiara Borroni, 28feb 2018, cineforum.it)

Adolescenza
Se c’è un’età ingrata nella vita (ce ne sono molte, ma semplifichiamo), è quella che va dai 17 ai 18 anni. Nominalmente ancora minorenni, i futuri adulti lottano con i genitori, diventati all’improvviso i principali nemici della loro autonomia, e al tempo stesso temono che nessuno li amerà mai come loro. Convinti che i propri sogni abbiano la precedenza su tutto, vedono il mondo come una serie di ostacoli da superare e cercano nuovi alleati nella sua conquista, a volte tra le persone sbagliate. Questa faticosa e dolorosa lotta per diventare adulti è ancora più sentita in un paese come gli Stati Uniti - non a caso patria del teen movie - dove l’esperienza del college rappresenta un distacco non solo fisico dalla famiglia d’origine. Da noi, dove per scelta o per necessità i ragazzi restano nella casa dei genitori per un periodo assai più lungo, la transizione è meno traumatica.
Un artista, rispetto a un comune mortale, ha il privilegio di rileggere e trasfigurare anche le proprie esperienze più difficili e molti si sono cimentati con questa fondamentale età di transizione, rivivendola sotto le mentite spoglie di un personaggio di fantasia e sublimandola in qualcosa di universale. In genere, però, le storie adolescenziali sono raccontate da un punto di vista maschile e anche per questo è benvenuto un film al femminile come Lady Bird.
Di base autobiografica, la sceneggiatura di questa deliziosa commedia mescola ai ricordi dell’autrice le pagine della scrittrice di Sacramento Joan Didion e le esperienze di amici e coetanei. Saoirse Ronan, vicina quel tanto che basta a quell’età da ricordarsela bene ma lontana al punto giusto da poterla interpretare, dà vita a un personaggio che ci sembra di riconoscere: la ragazzina cresciuta in una famiglia che si fa in quattro per darle quello che ritiene migliore per lei, ma che lei non ritiene all’altezza delle sue aspirazioni.
Sono credibili (e divertenti) le discussioni in macchina tra madre e figlia, le scene isteriche e gli addii dolorosi, fino al bel finale che vede quello che è forse il primo vero passo di Christine (spogliati i panni fittizi di Lady Bird) verso la maturità, che la lascia smarrita e confusa.
(Daniela Catelli,29 Gen 2018, coomingsoon.it)

Sospensione che anticipa la trasformazione
Saoirse Ronan – bravissima, è la perfetta incarnazione dell’adolescenza, quella vera, ancora lontana dall’intossicazione da smartphone e social, sospesa tra l’amore familiare e la voglia di emanciparsi.Sospesa, allo stesso modo, tra l’abbraccio sicuro della goffa e obesa amica del cuore, e le “tentazioni” di compagnie più trasgressive e cool. E incuriosita, infine, dalle prime cotte amorose, diametralmente opposte per caratteristiche ma inevitabilmente deludenti in entrambi i casi.
Il film di Greta Gerwig ruota intorno a questa sospensione che anticipa la trasformazione. E lo fa in maniera naturale, senza ricorrere a chissà quali vezzi o esagerazioni, coccolando in un certo senso quella delicata sensazione che combina il diniego – il non riconoscersi in un nome imposto da altri, il ritrovarsi in un luogo che si vorrebbe abbandonare quanto prima, il sognare di abitare dal lato “giusto” della ferrovia… – a quell’innata affezione, sepolta nelle ceneri di un fuoco ribelle, che solamente l’allontanamento, e poi il tempo, ti costringeranno a riconoscere.
 E quella telefonata nel finale, dopo la messa domenicale, è proprio lì a ricordarcelo: “Ciao mamma, sono Christine”. Semplicemente commovente.
(Valerio Sammarco,27 Gen 2018,ilcinematografo.it)

scheda tecnica a cura di Stefano Bona
 



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