Un altro giro

(Drunk)

 

Regia: Thomas Vinterberg,
Sceneggiatura:Tobias Lindholm, Thomas Vinterberg
Scenografia: Sabine Hviid

Cast: Mads Mikkelsen (Martin), Thomas Bo Larsen (Tommy), Magnus Millang (Nicolaj), Lars Ranthe (Peter), Marie Bonnevie (Anika), Helene Reingaard Neumann (Amalie)

Fotografia:Sturla Brandth Grøvlen
Montaggio:Janus Billeskov Jansen, Anne Ǿsterud
Costumi: Ellen Lens, Manon Rasmussen
Produttore: Kasper Dissing, Sisse Graum, Jørgensen
Casa produttrice: Zentropa Entertainments, Film i Väst, Zentropa Sweden, Topkapi Films, Zentropa Netherlands
Origine: Danimarca/Svezia/Paesi Bassi, 2020
Durata:117 minuti

Il regista
Thomas Vinterberg, regista e sceneggiatore, nasce a Copenaghen il 19 maggio 1969 e si laurea alla Scuola Nazionale di Cinema Danese nel 1993 con il corto Sidste amgang (Last Round) producendo da allora 11 lungometraggi e raccogliendo numerosi premi e riconoscimenti. Ricordiamo oltre a quelli ottenuti da Un altro giro (per il quale ha avuto anche la nomination all’Oscar per il miglior regista) il Premio speciale della giuria al suo esordio al Festival di Cannes nel 1998 con Festen per il quale l’European Film Accademy gli ha assegnato il Premio European Discovery e nel 2012 ancora al Festival di Cannes il Premio per la migliore interpretazione maschile con Mads Mikkelsen per Il sospetto.
Nel 1995 insieme a Lars von Trier elabora il manifesto di Dogma 95 e fonda il relativo collettivo da cui uscirà nel 2003 girando il film Le forze del destino con Sean Penn.
Le tematiche dei suoi film non sono mai banali e specialmente in quelli migliori illumina aspetti della società danese non in linea con la patina di estrema civiltà: in Festen Festa in famiglia stigmatizza duramente l’istituto familiare - simbolicamente rappresentato da un padre padrone incestuoso e pedofilo - riproduzione in scala di una società capitalistica che espelle chi non si allinea ai diktat, mentre ne Il sospetto denuncia le sofferenze e le ingiustizie che deve affrontare un innocente vittima di maldicenze e pregiudizi.

Sinossi
La vicenda si sviluppa in una cittadina portuale della Danimarca.
Quattro amici (Martin, Tommy, Nikolaj e Peter) sono a cena per festeggiare i 40 anni di Nikolaj. Sono professori delle superiori e sono insoddisfatti del lavoro che fanno e di non riuscire a entrare in sintonia con gli allievi. Tra i quattro Martin è particolarmente depresso poiché anche in famiglia non riesce a rapportarsi con moglie e figli. Tra una lamentazione e una chiacchiera si trovano a discutere la presunta teoria di Scårderud secondo la quale una costante percentuale di alcol nel sangue migliora lo stato psico-fisico e quindi anche le relazioni sociali e decidono di sperimentarla
fissando peraltro dei paletti da non superare per non eccedere.
Martin prende sul serio la teoria e comincia a bere in modo moderato ma costante migliorando
effettivamente la stima in sé stesso e i rapporti con la classe. I rapporti in ambito scolastico migliorano sensibilmente per tutti e Martin riscontra analoghi esiti in quello domestico. Aumentano la dose giornaliera fino a raddoppiarla avendone solo vantaggi. I quattro si sentono quasi eroi della scienza e accettano la proposta di Nicolaj di aumentare le dosi di alcol per evidenziare nella loro ricerca il limite massimo di assunzione. Trascorrono quindi una giornata a ubriacarsi con esiti facilmente immaginabili anche in ambito domestico. Martin viene abbandonato dalla moglie che lo ha tradito stanca della sua inesistenza. Le spiacevoli situazioni verificatesi convincono il gruppo a sospendere la sperimentazione e tranne Timoty (che diviene un alcolizzato) evitano di bere. Un giorno Timoty dopo essersi presentato ubriaco al lavoro esce con la barca e cade in mare annegando. Al funerale i tre amici superstiti sono sconvolti, ma ricominciano a sperare guardando i giovani, che hanno aiutato a diplomarsi, festeggiare per l’obbiettivo raggiunto. Il film si conclude con Martin che felice anche per i messaggi di riconciliazione ricevuti dalla moglie si mette a ballare.

Il film
Dobbiamo a una presunta teoria dello psichiatra norvegese Finn Skårderud (figura non marginale essendo responsabile del progetto di psicoterapia presso l’ospedale universitario di Oslo e cattedratico all’Università della capitale norvegese) se possiamo godere di un film come Un altro giro. Un suo scritto, infatti, è il filo conduttore del film ed è, per chi vuole farlo, lo stimolo a riflettere sulla propria storia, sulla società e le sue ipocrisie, in breve sulla vita. Per evitare equivoci è bene precisare subito che il film non è un inno e un incitamento all’alcolismo (come sostenuto da detrattori in buona o cattiva fede per motivare in mancanza di argomenti il proprio legittimo
dissenso), ma semmai un inno alla vita e alla necessità/opportunità di viverla pienamente fino all’ultimo respiro. Il messaggio del film è nello spirito contrapposto di due scene: l’iniziale con il tavolo pieno di bicchieri di varia misura testimonianza del bere quasi disperato dei quattro amici, raffigurazione plastica e melanconica della loro vita senza vita e quella finale con Martin che si esibisce in un ballo gioioso in mezzo ai suoi studenti che festeggiano tra un tripudio di bottiglie l’aver superato l’esame. È la vita fatta di speranze e futuro. Vivere è sperare nel futuro e lo si può fare a ogni età. Basta volerlo come dimostra la vicenda di Martin (uno straordinario Mads Mikkelsen, forse uno dei migliori attori a livello internazionale) insegnante di storia alle superiori, un tempo giovane brillante e ora sul lavoro travet dell’istruzione avendo perso ogni entusiasmo a trasmettere la propria cultura e rinunciato a rapportarsi in modo positivo con allievi e colleghi che infatti lo giudicano noioso e poco interessante e in famiglia in cui è una presenza inesistente. Negli anni si è estraniato dagli altri ritenuti ostili non avendo il coraggio di cercarne in sé stesso la causa. Patologia che si traduce in un’inconscia mancanza di autostima dovuta al non coraggio di affrontare i propri fantasmi. A volte è sufficiente una scintilla casuale per uscire dal tunnel: la discussione sulla teoria di Scårderud (assumere una limitata dose di alcol unicamente nelle ore lavorative per sopperire a una mancanza organica) e la decisione di sperimentarla a cui Martin aveva aderito con riluttanza ha innestato nel professore il desiderio di riscatto. Ovviamente l’alcol non è il miglior rimedio, e il film lo mostra con chiarezza poiché facilmente ne sfugge il controllo con esiti drammatici, ma a volte una lieve euforia dà il coraggio di infrangere la gabbia delle proprie paure e della routine sviluppando la creatività e migliorando i rapporti con la società e sul lavoro (è innegabile che gli astemi siano spesso fondamentalmente tristi e rancorosi).
Un altro giro si avvale di una regia magistrale, senz’altro una delle migliori di Vinterberg e di un gruppo di attori di ottimo livello, peraltro abituati a interagire tra loro e con il regista tra cui spicca Mads Mikkelsen capace di avvalersi di una gamma espressiva vastissima sempre calibrata nel modo giusto. Non è da meno Thomas Bo Larsen che regala a Tommy alcune scene di grande tenerezza e dolcezza.
Un altro giro è un film straordinario, divertente e leggero ma che proprio per queste caratteristiche riaffiora nella memoria dello spettatore e lo invita riflettere e - anche senza lo 0,5 per mille di tasso alcolico nel sangue - a chiedersi se è soddisfatto della propria vita e di come si rapporta con gli altri e soprattutto con sé stesso.

La teoria di Skårderud
In realtà sembra che Skårderud non abbia mai elaborato una teoria secondo la quale con lo 0,05% di alcol costante nel sangue tutto il giorno e tutti i giorni si vivrebbe molto meglio essendo anche più attivi e ricettivi. E poi come definire per esempio il quantitativo di vino da bere per tenere stabile lo 0,05% di alcol (basti pensare alla diversità di volume alcolico dei diversi vini) e alle difficoltà per monitorarlo costantemente. All’origine in realtà vi è la prefazione scritta in modo più letterario che scientifico dallo psicologo norvegese alla pubblicazione (avvenuta nel 2000) del volume Gli effetti psicologici del vino scritto nel 1881 da Edmondo De Amicis (sì quello del Cuore che ha ‘deliziato’ - forse - generazioni di fanciulli). Nell’ottobre del 2020, un sito norvegese ha riproposto tale prefazione e il professore Skårderud ha ritenuto opportuno precisare di aver scritto che l’imperfezione dell’uomo potrebbe essere determinata dall’assenza di quel 0,5 per mille, aggiungendo peraltro che vi è un secondo errore nell’essere umano: la mancanza di un meccanismo che indichi quando fermarsi in modo che il ‘troppo poco’ non diventi ‘troppo’. Non sembra peraltro che abbia elaborato alcuna teoria.

Dogma 95
È un collettivo di registi fondato a Copenaghen il 13 marzo 1995 dai danesi Lars von Trier e Thomas Vinterberg e basato su dieci regole contenute nel manifesto programmatico che prevedeva la realizzazione di film costruiti prevalentemente sulla recitazione. Il severo decalogo cui occorreva aderire e rispettare rigorosamente era definito ‘voto di castità’ e i film realizzati dovevano riportare la dizione Dogma seguita da un numero progressivo e l’indicazione del ‘certificato di autenticità’. A ispirarlo era stata la Nouvelle Vague francese peraltro accusata di non aver rimosso la concezione borghese dell’arte. Dogma 95 voleva contrapporsi al cinema contemporaneo considerato individualista e decadente. Le regole del manifesto che dovevano essere seguite tutte rigorosamente finivano per limitare molti aspetti della libertà creativa del regista per cui dopo una fase iniziale in cui apparvero film notevoli come Festen di Vinterberg e Idioti di von Trier divennero noiosi, ripetitivi e privi di originalità per cui molti registi si allontanarono. Vinterberg lasciò il collettivo nel 2003.
Il collettivo si sciolse nel 2005 con circa 35 film certificati.

(scheda a cura di Salvatore Longo)



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